In occasione del Trigesimo di mons. Mario Dalla Costa, lo scorso 11 gennaio in Seminario è stata celebrata una S. Messa presieduta dall’Arcivescovo Emerito mons. Paolo Rabitti e celebrata assieme all’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego e ad altri sacerdoti. Presenti anche rappresentanti dei “Genitori in Cammino”, del Serra Club” e delle Parrocchie di Ospitale di Bondeno e Ponte Rodoni.

Di seguito, il testo integrale dell’omelia di mons. Rabitti.

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Un ringraziamento e un saluto all’arcivescovo, S. E. Rev.ma mons. Perego, a Voi Sacerdoti e pure a quanti di “Genitori in Cammino” di Serra Club” e delle Parrocchie di Ospitale di Bondeno e di Ponte Radoni qui presenti.

Ci guida, ci stimola e ci sprona alla preghiera la cara persona di don MARIO DALLA COSTA: ne siamo tutti testimoni e debitori.

La Prima lettura che abbiamo ascoltato proviene da san Paolo ed era destinata al suo discepolo san Timoteo [I Tim 4,12-16].

È un vero profilo della identità di questo “discepolo-inviato-apostolo”. San Paolo aveva molta cura dei suoi Delegati, chiamati a continuare l’evangelizzazione e la costruzione della Chiesa, così come aveva deciso Gesù; poneva la propria senilità a sostegno della loro prima esperienza apostolica; trasmetteva loro ansia, amore, vigilanza, trepidazione.

Rivediamo rapidamente questa lettura: quando noi possediamo una fotografia pregiata ed eccezionale, corriamo a fotocopiarla con estrema precisione; anche questo testo dell’Apostolo a Timoteo è un testo di cui il nostro don Mario sembra una fedelissima “fotocopia”.

Queste le consegne a Timoteo:

  • “SII ESEMPIO in parole, comportamento, carità, fede, purezza; come un BEL DIACONO DI Cristo Gesù”.

Esempio, non ostentazione; non episodi, ma vita; non avvisi, ma propagazione di trascendente vitalità.

Esempio attinto dalle parole di fede; dalla buona dottrina e coltivato nel cuore con la preghiera.

  • “CONSÀCRATI AL TUO IMPEGNO, cioè al CARISMA DI PASTORE, nutrendoti alla lettura della Parola di Dio, che ti trasporta nella conoscenza e nella comunione con Cristo;

dedicati all’esortazione ai fratelli (1 Tim 5,1);

sii “attaccato-aderente alla sana dottrina, secondo l’insegnamento trasmesso” (Tito 1,9), integra e non viziata da nessun errore.

  • SII QUELLO CHE SEI. Qui troviamo una geniale raccomandazione di Paolo a Timoteo. Nel testo latino è davvero straordinaria: IN HIS ESTO, cioè RESTA NELLA GRAZIA TRASMESSATI NEL CARISMA CHE TI HA CONSACRATO NEL MINISTERO.

Questa singolare raccomandazione è preceduta dal verbo greco (1 Tim 4,14) amelo (=non trascurare) e dal verbo contrario melo (TIENI A CUORE – TIENI NEL CUORE) (1 Tim 4,15).

Anche noi, oggi, quando scopriamo che una persona pare identificarsi con il proprio compito, la definiamo sbrigativamente così: “è tutto scienza”, “è tutto musica”. S. Paolo pare dire a Timoteo: identifica il tuo cuore al tuo ministero e il tuo ministero al tuo cuore (in greco en toutois “isti”).

  • IMPOSTA COME PERPETUO IL TUO SACERDOZIO. Così salverai te stesso e coloro che ti ascoltano.

La perpetuità è una linea temporale che si estende all’infinito. È proprio questo che Gesù ha detto agli Undici Apostoli riuniti per l’ultima volta in Galilea dopo la resurrezione: Andate. Ammaestrate tutte le nazioni … io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,19-20).

Paolo raccomanda a Timoteo tale perpetuità (in greco: EPI MENE = RIMANI DENTRO); cioè raccomanda perpetuità di apostolato e di dottrina, garantendo così la salvezza di lui e di quanti lo ascoltano.

 

Riflettiamo ora su quella che abbiamo chiamato la FOTOCOPIA: don Mario dalla Costa.

  • ESEMPIO

Noi tutti siamo testimoni che don Mario, nei più di 55 anni di sacerdozio, fu istradato dai Vescovi su tutte le raggiere del presbiterato diocesano: cappellano, parroco, economo, pastorale vocazionale, amministratore parrocchiale, assistente, rettore, ecc. Nessun settore lo riscontrò di “passaggio”; nessuna persona con don Mario ebbe a sentirsi “di transizione”: don Mario si pensava, si sentiva e tentava di mostrarsi TUTTO A TUTTI (omnibus omnia factus sum: 1 Cor. 9,22) e quanti lo avvicinavano vedevano le opere buone (cfr Mt 5,16).

Così che tutti hanno “ascoltato e veduto” (Filipp.1) non solo l’amabilità di don Mario, ma sono stati spronati a fede, a vita nuova, a seguirne l’ESEMPIO, trovandolo dispensatore di sana dottrina perché suffragata da “vita irreprensibile, non arrogante, non avida, ma ospitale, assennata, giusta, pia e sprigionante carità” (cfr 1 Tim 3,2).

  • CONSACRATO AL PROPRIO IMPEGNO

Per intuire la dedizione-consacrazione ai propri impegni da parte di don Mario, emerge un magnifico testo che Egli ha inviato ai “Genitori in Cammino”:

Ho visto persone piangere e donare pace, essere schiacciate dal dolore e sollevare gli altri, paralizzate e far camminare verso la serenità. Quanto mi ha insegnato tutto questo. Ho imparato che nell’amore per il prossimo non ci sono momenti “no”. È sempre un momento buono perché, dopo che Gesù risorgendo ha sconfitto la morte, per l’uomo non esistono più i momenti brutti, ma solo i momenti difficili.

Trovavano sempre al proprio posto don Mario.

Ciascuno sembrava esclusivo alla sua attenzione.

Riordinava con le proprie mani il seminario.

Costruiva con impressionante passione il presepio.

Trovava il tempo di seguire il calcio, con la passione degli stessi giovani e, spesso, le ricreazioni dei seminaristi. Aveva collocato un magnifico quadro degli Apostoli con Maria, in estrema evidenza, di fianco all’altare, quasi come a dire ai seminaristi: “Ecco il nostro destino, il nostro habitat, il nostro essere”.

Ma tutto questo aveva una sorgente: la Parola di Dio meditata, pregata, vissuta, approfondita, collocata nei tempi compossibili con altri doveri.

Gli sportivi attrezzano i propri muscoli nella palestra; gli apostoli impregnano il loro lavoro nella cappella o nella loro stanza, “esercitandosi nella pietà”, nutrendosi di fede-dottrina-speranza-carità (1Tim 4,8).

Don Mario diceva spesso: Il Creatore ci ha elargito la sua DEITÀ (Largitus est nobis suam deitatem: antifona IV Avvento) e noi possiamo “tirarci le dita”?

IDENTIFICATO CON IL PROPRIO MINISTERO

Ritorniamo alle efficaci affermazioni scritte a Timoteo: IN HIS ESTO, Haec meditare (in greco TAUTA MELETA = TIENI NEL CUORE). E cioè: Sii PADRE, NON SOLO PEDAGOGO-EDUCATORE, ma vero GENERATORE DI VITA (1 Cor 4,15); e perciò: non impiegato a ore; non aiutante saltuario; non diviso tra vita e azione. Ma Padre: perché l’Amore di Dio è riversato nel cuore (Rom 5,5) che poi si irradia in pazienza, benevolenza, inventiva, tenerezza; e tutto spera e tutto sopporta (cfr 1 Cor. 13,4-7).

Ecco perché i “Genitori in Cammino” dicono, oggi, a don Mario: “Adesso scoprirai le meraviglie della Misericordia di Dio, quelle che hai saputo trasmetterci memore del versetto a te tanto caro: per me vivere è Cristo (Fil 1,21) che ti ha accompagnato durante tutta la tua missione sacerdotale”.

Così “il cuore dei credenti è stato confortato per opera sua (Filem 7).

Quanti sono stati in Seminario Arcivescovile dal 1977 al 1987 e dal 1992 al 2014 sanno quale debito hanno nei confronti di Dio e della Chiesa per aver avuto un Rettore di tale tempra che si è DATO per offrire loro nutrimento solido per uomini fatti, capaci di gustare la Parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro (Ebr 5,14; 6,5).

PERPETUO SACERDOZIO PER SALVARSI E SALVARE

L’ ultimo articolo della Legge della Chiesa è perentorio: SALUS ANIMARIM SUPREMA LEX = LA SUPREMA LEGGE DELLA Chiesa è e deve essere la salvezza delle anime (CJC, can. 1752).

E la Lettera agli Ebrei non è meno tassativa: Siete incaricati di un ministero =una diaconia di apostoli) per coloro che sono destinati alla salvezza (Ebr 1,14).

La speranza di salvarsi, e la disponibilità ad offrirsi per la salvezza altrui, identifica l’intenzione e gli sforzi dell’Apostolo al Cuore di Dio che vuole la salvezza di tutti e il loro arrivo alla verità (1 Tim 2,4).

Don Mario aveva questa sete e questa ansia di salvezza. Intuiva assai dove c’era slealtà, maldicenza, intrattabilità, orgoglio, parvenza di pietà, più piaceri che Dio (2 Tim 3,3-5).

E quando riscontrava qualche sintomo di ciò nei seminaristi, andava loro incontro con benevolenza (Sap 6,16), recuperando in sé la grazia e la pazienza del Pater familia.

Ma se tali sintomi li scopriva in parole, accuse o denunce di persone generatrici di divisioni (2 Tim 2,23), se ne doleva fino alle lacrime e sussurrava, in confidenza, a chi di dovere: “Le labbra dell’imprudente narrano stoltezze” (Sir 21,20).

Tutto questo significa essere protesi alla salvezza nostra e altrui.

Il Vangelo proclamato oggi altro non fa che “cantare” la parola AMORE.

Don Mario! Grazie di averci amato con amore-carità.

Intercedi per noi ora che sei in DIO-CARITÀ.

Mons. Paolo Rabitti

Arcivescovo Emerito di Ferrara-Comacchio

 

 

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