Domenica 5 marzo dalle Clarisse di Ferrara un pomeriggio all’interno dell’Ottavario di S. Caterina Vegri: l’intervento di don Marmorini sulla speranza e le parole del Vescovo nella Messa

Buona partecipazione domenica 5 marzo nel Monastero del Corpus Domini di Ferrara per la giornata principale dell’Ottavario di Santa Caterina Vegri. 

Nel pomeriggil, si è iniziato con l’intervento di don Gianni Marmorini, sacerdote aretino, che ha riflettuto sulle ragioni della speranza su cui fondare la nostra esistenza, a partire da Genesi: “«Ed era cosa molto buona» (Gn 1,31). La speranza della vita”, il tema del suo intervento. 

A seguire, la S. Messa presieduta dal nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego. L’iniziativa prevista nella serata – un incontro con fra Antonio Prando, frate minore della fraternità di S. Stefano a Bologna, dedicato ai giovani, è stato rinviato per imprevisti di salute del relatore. L’incontro si svolgerà, quindi, domenica 16 aprile, sempre alle ore 21.

Il Vescovo nell’omelia: vocazione e trasfigurazione

«L’incontro e il ricordo di Santi, come S. Caterina Vegri, unitamente all’ascolto e la testimonianza della parola di Dio, che per S. Caterina è la settima “arma” spirituale, diventano motivo per camminare nella santità». Così l’Arcivescovo nell’omelia del 5 marzo al Corpus Domini. 

«Ogni vocazione, ogni scelta di seguire il Signore, diventa un dono per tutti, in forza della comunione. Anche Caterina Vegri, giovane promettente alla corte degli Estensi, amante della musica, della pittura e della poesia, sceglie di abbandonare una vita comoda e di successo per seguire con alcuni giovani la regola agostiniana prima e poi la regola francescana fondando questo monastero del Corpus Domini. La parola di Dio è più forte delle parole degli uomini; le opere di Dio più appassionanti delle opere degli uomini; la vita terrena di Gesù la guida per la vita terrena di S. Caterina». 

La vita di S. Caterina – ha proseguito – «è stata così trasfigurata, come quella “del Salvatore nostro Gesù Cristo – per usare le parole di Paolo – che “ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo”. E l’esperienza della Trasfigurazione di Gesù, della sua manifestazione come Figlio di Dio, riconosciuto dal Padre come “l’amato”, è stata vissuta da Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor». 

L’invito, quindi, che «il Signore ha fatto a S. Caterina»,  lo «fa a noi in questo tempo di Quaresima. Ascoltare il Signore, meditare la sua Parola, seguire i suoi insegnamenti. La visione del Tabor, come ogni visione nella vita dei Santi, rafforza la preghiera, la relazione con Dio e impegna ancora di più a vivere la quotidianità, le relazioni, illuminati dall’ascolto della parola del Signore».

Don Marmorini: la speranza nasce dalla mancanza, non dalla colpa dell’uomo

«La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza», che gli uomini «vedano come vanno le cose oggi e che credano che andrà meglio domattina. Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia della nostra grazia». Così Charles Péguy fa dire a Madama Gervaise ne “Il portico del mistero della seconda virtù”. E sulla speranza ha riflettuto  don Gianni Marmorini, sacerdote aretino   il 5 marzo nel Monastero del Corpus Domini.

«È utile – ha spiegato – ripensare il concetto di colpa, a partire dal libro di Genesi». Grazie a una lettera errata di questo, «continuiamo a pensare che la creazione sia stata l’esatta esecuzione del progetto divino, poi “sporcata” dalla disobbedienza, dalla colpa di Adamo ed Eva, e quindi di ogni essere umano». Da qui, l’idea radicata nella coscienza di molti cristiani, «che il mondo migliore sia – sempre – quello di ieri , perché l’uomo è destinato a sciupare tutto, e l’unica salvezza può venire dalla misericordia di Dio, da un miracolo, disimpegnando così l’uomo». 

E invece, in Genesi, Dio crea ma «lascia molto incompiuto, appunto perché ha fiducia nell’uomo, lascia la creazione nelle sue mani». Tutt’altro che il Dio «dominatore assoluto» che spesso ci siamo raffigurati e continuiamo a raffigurarci, contrapposto all’uomo colpevole “per natura”, fin dalla nascita. Il peccato, invece, per don Marmorini, va inteso non tanto come «colpa originaria», ma come «mancanza, il non bastare a se stessi per poter essere felici». L’uomo, insomma, non è colpevole, ma «incompleto», è «fragile non nel senso di impotente ma di “frammento”, parte di un mosaico, quindi bisognoso di incontrare gli altri e Dio».

È difficile, quindi, parlare veramente di speranza «se non ci liberiamo di questa immagine» dell’uomo come colpevole a prescindere e di Dio come un dominatore assoluto. E se, di conseguenza, «non smettiamo di avere più paura del male che desiderio del bene», se non ci liberiamo da questo «veleno» che ci fa vedere come essenzialmente cattivi, egoisti. Don Marmorini ha anche citato il filosofo anarchico russo Pëtr A.č Kropotkin (1842-1921) e il suo concetto che, nel regno animale, come in quello socio-economico dell’uomo, sia il «mutuo appoggio» a portare progresso, non la forza o la lotta. 

Dio, quindi, «ha fiducia nei suoi figli», in coloro creati a Sua immagine e somiglianza. Come diceva Teilhard de Chardin, «noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale», ma «esseri spirituali che vivono un’esperienza umana». 

L’incontro si è concluso con un interessante dibattito fra i presenti (una 40ina) e il relatore sui temi della colpa, del peccato, della Riconciliazione e della comunione.

Andrea Musacci

Articolo pubblicato su “La Voce” del 10 marzo 2023

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