Il santo baciare all’interno della liturgia e il suo legame col saluto della pace e con l’incensare

Il primo gesto che il celebrante fa, giungendo all’altare, è di baciarlo. Un gesto semplice al cui diamo tanti nomi: bacio materno, bacio di riconciliazione, bacio di affetto, bacio di tradimento, bacio di vittoria, bacio d’amore. Giovanni Paolo II appena sceso dall’aereo baciava la terra del Paese che stava per visitare.

Il Nuovo Testamento conosce il “bacio santo”: «salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo». Lo Spirito Santo viene chiamato “bacio del Padre e del Figlio”. La comunione eucaristica conosce la gioia di baciare Cristo. Nella liturgia due volte è baciato l’altare (all’inizio e alla fine della celebrazione), una volta l’evangeliario e il saluto della pace può essere il bacio santo.

Oggi nelle chiese non sono più in uso i molti altari delle cappelle e si celebra solo all’altare della celebrazione. Guardando l’altare possiamo pensare alle parole di Paolo che dice che «quella roccia era Cristo» (1Cor 10,4); l’altare è lo spazio nuovo della resurrezione, uno spazio aperto al Signore che viene. Baciare l’altare è baciare Cristo ed è un bacio di venerazione, di amore, di riconoscenza e di gratitudine per il dono della salvezza. Tutta la vita liturgica ruota intorno all’altare amato come “mensa del Signore” dove si attualizza il mistero pasquale. Il bacio del celebrante all’altare non è accompagnato da nessuna preghiera specifica, dice tutto da solo e raccoglie in un gesto la fede affettuosa di tutta l’assemblea. Infine va sottolineato che baciare l’altare prima di salutare l’assemblea ricorda che solo Cristo sta al centro dell’azione liturgica. 

Anche l’evangeliario viene accolto mentre sale sull’ambone e viene incensato e baciato perché è Cristo che parla quando viene proclamato il Vangelo e lo Spirito Santo attualizza la sua parola nel cuore dei fedeli che la ascoltano e la accolgono nella fede (cfr Sacrosanctum Concilium 7). Oggi l’evangeliario è baciato dal celebrante, ma un tempo al termine della lettura del Vangelo, il suddiacono portando l’evangeliario sul petto lo offriva da baciare a tutti i presenti. 

Bacio santo indica il saluto della pace. «Salutatevi a vicenda con il bacio santo», scrive s. Paolo ai Corinti (2Cor 13,12). Nella liturgia il gesto di pace è più che un saluto: dice il desiderio di essere uniti in Cristo e ai fratelli di coloro che sono invitati alla mensa del Signore.

Fino al IV secolo lo scambio della pace avveniva dopo il Vangelo a ricordo della parola di Gesù di riconciliarci con il fratello prima di andare all’altare e anche oggi, prima di ricevere la comunione, vuole ricordare che devono essere in unità coloro che si accostano alla mensa del Signore. 

Non è un disturbo ma un gesto radicato nel giorno della resurrezione: «La sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi» (Gv 20,19). Pace che non nasce dalla nostra buona disposizione, ma dallo Spirito Santo.

L’incenso porta nella celebrazione il codice olfattivo. Quando Maria cosparse il corpo di Gesù di nardo profumato, tutta la casa si riempì di profumo. Nel tempio di Gerusalemme si usava l’incenso. La comunità cristiana fu cauta nell’introdurlo nella liturgia perché ricordava troppo da vicino l’uso pagano che se ne faceva e che nelle persecuzioni i cristiani venivano invitati a offrire incenso all’imperatore. Costantino offrì alla Basilica Lateranense grandi incensieri d’oro, ma furono usati solo per profumare l’ambiente.

La Scrittura conosce però l’uso dell’incenso e in una bella visione l’autore dell’Apocalisse scrive: «Io vidi venire un angelo e portava un incensiere d’oro e si presentava all’altare. E gli fu dato molto incenso. E la fragranza dell’incenso saliva dalle mani dell’angelo attraverso le preghiere dei santi». 

Nel VII secolo abbiamo notizia che già si incensava l’evangeliario e nel IX che veniva incensato l’altare. Oggi molte realtà ricevono l’onore dell’incenso oltre il Corpo e Sangue del Signore e l’altare: i ministri, la croce, l’evangeliario, il cero pasquale, le reliquie dei santi, la salma del defunto, i rami dell’ulivo, le icone, le ceneri.

Don Ivano Casaroli

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 2 maggio 2025 

(L’articolo fa parte della Rubrica quindicinale “Nel giardino della Pasqua”)

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