L’arrivo dei parenti, i materassi per terra, la Nochebuena…Ma anche il consumismo dilagante. Che però non scalfisce la purezza di un Evento del popolo
Testimonianza di don Emanuele Zappaterra
È arrivata l’estate e si celebra il Natale con molta allegria. Natale significa anche l’incontro della famiglia. Infatti è molto comune che in una famiglia figli, nipoti, fratelli siano sparsi per le varie province dell’Argentina e le varie città e non sono solo alcune centinaia di chilometri a separarti da loro, ma spesso anche migliaia di chilometri di distanza. Ecco quindi che il primo e più bello dei regali natalizi è l’opportunità di ritrovarsi tutti perché il Natale si celebra in famiglia. Così le case si trasformano in un albergo improvvisato: materassi sul pavimento in ogni stanza, una per ogni famiglia, quella di un figlio, quella della figlia, quella dei nonni e tutti i nipoti in una stanza insieme, insomma la casa si trasforma per ricevere tutti anche se è piccola. Le scuole sono chiuse, ci si prende le ferie dal lavoro e le festività natalizie fino all’Epifania, costituiscono buona parte delle vacanze estive.
Il momento liturgico ed ecclesiale del Natale lo si vive nel tardo pomeriggio o alla sera presto della Vigilia con la Messa della Notte (la Nochebuena). La cena negli orari argentini, infatti, è tra le ore 22 e le 23, così, finita la celebrazione e fattisi gli auguri con i fratelli di comunità, si va tutti a casa per finire i preparativi della tavola e per cenare insieme, aspettando la mezzanotte per brindare alla nascita del Bambino Gesù; poi la festa continua fino a tarda notte. Essendo in piena estate, la gente sfrutta le ore della sera e della notte per stare insieme con temperature più gradevoli.
Di primo acchito per un italiano, abituato a celebrare le festività natalizie nella stagione invernale e con orari e ritmi diversi, non è così semplice entrare in una realtà del genere. Però poco a poco, spogliandosi delle sovrastrutture culturali e focalizzandosi sull’essenziale, si incomincia ad apprezzarne tutte le caratteristiche e le diversità che contraddistinguono questa realtà rispetto la nostra.
Poi ci sono punti in comune con la nostra Europa, come ad esempio l’impronta consumistica che prevale su tutti gli altri aspetti. Sono gli effetti della mala-globalizzazione e della secolarizzazione che spinge sulla società latinoamericana e sulle giovani generazioni, che si ritrovano sempre meno resistenti al relativismo imperante. Come nei barrios periferici costituitisi a volte da insediamenti spontanei fabbricando casupole su terreno demaniale, a volte da piani di espansione popolare assegnando le abitazioni (viviendas) “casualmente” in concomitanza con le elezioni amministrative locali o provinciali o con quelle presidenziali. Da quelle parti Gesù non ha ancora ricevuto un alloggio per poter nascere, proprio come quella notte; è arrivato prima Babbo Natale in stile yankee e i petardi tirati lungo le strade. Così la gente della parrocchia e delle varie cappelle si mette in cammino per annunciare loro che è nato il Salvatore, quello che salva per davvero e lo fa gratis, senza il voto di scambio.
Questa catechesi popolare prende la forma del presepe vivente o delle scene mobili, capaci di un linguaggio immediato e di coinvolgere anche la gente del quartiere. La radio locale, il Facebook della parrocchia, il tam tam sui social lo hanno annunciato e chi ha accolto l’invito si è messo in cammino: «Andiamo a vedere quanto ci è stato detto». E così la gente arriva, curiosa, al luogo prescelto. I bambini sono stupiti e trepidanti, tranne quei pochi che frequentano la catechesi, i quali si sono lasciati coinvolgere nel ruolo degli angioletti o dei pastorelli; si sente belare, uno è così coinvolto che ha portato anche la sua capretta. Oppure ci sono quelli che aspettano seduti sull’uscio di casa che passi la carovana di auto con la musica e in coda la camionetta che trasporta la capanna con la scena della Natività. Canti, danze, dialoghi, gesti, tutto sta annunziando che è nato Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Giusto per chi ancora non lo sapeva.
Una sera, terminato il tutto, ho chiesto ad un bambino: «Quindi chi è Maria?». Pronto lui mi risponde: «È mia sorella!». Stavo per dire: «Ma non chi l’ha rappresentata adesso. Chi è in verità?». Mi sono fermato. In effetti Maria è una umile ragazza di un borgo di periferia, come questo. Gli sorrido e gli dico: «Sì, è tua sorella».
Buon anno 2023!
Articolo pubblicato su “La Voce” del 13 gennaio 2023
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