Nell’ambito della Salute Pubblica il principio di autonomia e quello della giustizia hanno creato e stanno creando qualche problema, in quanto, per l’abuso che a volte il singolo individuo fa dei suoi diritti, hanno portato ad un aumento sproporzionato della richiesta, e quindi dei costi. Serve quindi un nuovo principio di equità, che implica la capacità del singolo di assumersi responsabilità per la propria salute e anche per i costi dell’assistenza sanitaria quando necessaria
di padre Augusto Chendi
Uno dei problemi scottanti della Sanità, e reso oggi a tutti più evidente dalle conseguenze determinate dall’ultima pandemia, è il divario tra una domanda di servizi sempre crescente ed una offerta che deve fare i conti con le risorse disponibili, sempre più limitate.
Se è chiaro che una grossa parte di responsabilità su come superare questo divario è riconducibile alle Istituzioni e al loro modo di organizzare i servizi, questi problemi possono, anzi, devono essere affrontati anche da un punto di vista di etica della Salute Pubblica. Tutti abbiamo assistito alle trasformazioni socio-economiche, politiche, tecnologiche, mediche ed etiche che hanno coinvolto l’umanità nel ventesimo secolo. Ciò ha accresciuto, tra l’altro, il campo di studi e di ricerca dell’etica della medicina clinica (bioetica), nello sforzo di aggiornare il proprio codice alla nuova realtà che include, tra l’altro, anche problemi come l’aborto, la medicina palliativa, l’eutanasia, la procreazione assistita, etc. La bioetica ha trovato un punto di riferimento forte su quattro principi: perseguire il bene del paziente, non-nuocere, autonomia, giustizia.
Negli ultimi decenni questi quattro principi hanno anche influenzato fortemente le decisioni in Salute Pubblica e l’impostazione dei Sistemi sanitari, per il fatto che questi interagiscono con le singole persone. Certamente i Sistemi sanitari non devono trascurare i diritti e la libertà dell’individuo, ma dovendo essi guardare al benessere dell’intera popolazione, possono avere come punti di riferimento i principi ed i valori applicati alla bioetica? Spesso, infatti, questi quattro principi sono motivo di conflitto fra libertà individuale e bene comune in tutti quelli che sono gli ambiti sanitari: dalle leggi sull’inquinamento ambientale, ai programmi di immunizzazione, di regolamentazione del fumo, di normative per la sicurezza negli ambienti di lavoro, dal controllo delle malattie infettive ai vari programmi per la prevenzione primaria, secondaria, terziaria e per la promozione della salute, etc.
Guardando più da vicino il principio di autonomia, inteso come rispetto per il paziente e per il suo diritto di decidere su ciò che lo riguarda, ci si avvede come esso abbia assunto dimensioni di un dogmatismo quasi esasperato. Al principio di autonomia, poi, si è affiancato il principio di giustizia, inteso come il diritto del cittadino ad accedere ai vari servizi a prescindere da razza, sesso, diversità religiosa e nazionalità. Nell’ambito della Salute Pubblica essi hanno creato e stanno creando qualche problema, in quanto, proprio per l’abuso che a volte il singolo individuo fa dei suoi diritti, essi hanno portato ad un aumento sproporzionato della richiesta, con la conseguenza di un aumento altrettanto sproporzionato dei costi.
In questo scenario di conflittualità dei valori in gioco, entra anche il concetto di giustizia. Vogliamo intenderlo come giusta distribuzione di risorse o di possibilità di accesso ai servizi? I due concetti, infatti, non coincidono in quanto, se è vero come è vero che le zone più povere fruiscono di meno servizi da un punto di vista strutturale e qualitativo, è anche vero che il divario tra zone ricche e povere non è solo dovuto ad una disuguaglianza di risorse strutturali e tecnico-professionali, ma anche ad una maggiore domanda, che tanto dipende dalle differenze della struttura demografica, sociale ed economica della popolazione. Infatti, le fasce socio-economiche più basse si ammalano di più ed hanno un’aspettativa di vita inferiore. Ecco che allora giustizia nell’ambito dei servizi sanitari non può essere inteso solo come equa distribuzione di essi ma anche come uguale possibilità di accesso, tenendo conto di tutte le altre componenti già accennate.
Ulteriore elemento da considerare è determinato dal dato scientifico a motivo del quale, mentre le cure mediche possono prolungare la sopravvivenza e migliorare la prognosi di alcune malattie, risultano più importanti per la salute della popolazione nel suo complesso le condizioni sociali ed economiche che fanno ammalare le persone e che le portano a richiedere cure mediche, rendendo evidente che una grossa fetta di responsabilità per il nostro ammalarci è legata agli stili di vita. E qui torniamo al conflitto fra libertà individuale e bene comune, reso più acuto quando gli interventi di Salute Pubblica interferiscono direttamente con le scelte dell’individuo. In questi casi il problema che si pone, appunto, è quello del rispetto della libertà della persona. Al riguardo, basti pensare alle recenti discussioni e prese di posizione in ordine all’obbligatorietà o meno della vaccinazione contro il Covid-19 o le altre misure messe in atto dal nostro Governo per contenere gli effetti dalla crisi pandemica.
La questione etica in questi casi è: in che misura il Governo può regolare, limitare o addirittura proibire dei comportamenti che conducono alla morbilità ed alla mortalità? Che ruolo, allora, il Governo dovrebbe svolgere, nell’invitare i cittadini a rinunciare alle loro piacevoli ma nocive abitudini? Molti credono che il Governo dovrebbe esercitare raramente i suoi poteri coercitivi, sia perché sono inefficaci, sia perché si impongono sull’autonomia, la privacy e la libertà dell’individuo. Alla luce di tutto ciò, nei decenni passati la responsabilità del singolo sulla propria salute spesso è stata sommersa dai diversi diritti che l’individuo ha richiesto o persino preteso dalle Istituzioni pubbliche e private. Ma qui si pone inevitabilmente la domanda: su quale criterio, allora, le Istituzioni possono stabilire se intervenire per proteggere la salute e la sicurezza pubblica, quando fare ciò intacca l’interesse personale o economico del singolo, ma anche ne sottovaluta la libertà e la responsabilità? E come evitare che il Governo possa imporre sempre più limiti alla libertà individuale in nome del bene comune? In una società altamente integrata, quale azione di un determinato individuo non ha un effetto sull’intera Comunità?
Anche in questo caso, un approccio da un punto di vista di Salute Pubblica deve considerare non solo l’autodeterminazione dell’individuo e la giusta distribuzione dei servizi e delle risorse ma, piuttosto che parlare di giustizia nel suo significato classico più sopra delineato, sarebbe forse meglio parlare di principio di equità intesa, in questo contesto, anche come equa distribuzione dei costi, che implica la capacità del singolo di assumersi le proprie responsabilità per la propria salute e anche per i costi dell’assistenza sanitaria quando necessaria. Il concetto di equità così inteso implica, tra l’altro, tutto un lavoro d’informazione – obiettiva e disinteressata – da parte degli erogatori dei servizi agli utenti riguardo la disponibilità, l’appropriatezza ed il costo delle varie prestazioni.
In questa prospettiva, la promozione della salute supera la mera proposta di modelli di vita più sani, per aspirare al benessere fisico, mentale e sociale. La salute è vista, dunque, non più come fine a sé stessa ma come risorsa di vita quotidiana, come un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, come un servizio per la Comunità: un concetto positivo, che va al di là delle sole capacità fisiche e che include la possibilità di compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute.
Gli orizzonti aperti da questa nuova visione sono ampi, innovativi e rivoluzionari, per i quali si impone il coordinamento dell’azione di tutti gli organismi interessati: i Governi, i settori sanitari, sociali ed economici, le organizzazioni non governative, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione. Si comprende, quindi, che nel momento in cui la società provvederà a creare quelle condizioni necessarie affinché l’individuo possa veramente sperimentare un benessere globale, ecco che l’individuo più facilmente scoprirà che la società non esiste solo perché egli riceva i dovuti benefici, e più facilmente rinuncerà a parte del suo egoismo, sacrificando un certo grado di indipendenza per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Articolo pubblicato su “La Voce” del 23 settembre 2022 (Rubrica “Bioetica e società”)
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