Christus Totus. In S. Agostino, Cristo-capo e la Chiesa-corpo formano un tutt’uno.Cristo centro aggregatore per la nostra unità
di suor Maria Lucia Solera*
Nel suo primo saluto, il nuovo Papa Leone XIV si è presentato così: «Sono agostiniano, figlio di Sant’Agostino». E ha aggiunto, citando un’espressione dello stesso vescovo di Ippona: «Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo». Per comprendere bene il senso profondo di queste parole, ci può aiutare l’analisi del suo motto papale: «In illo uno unum». Questa espressione, tratta dall’Esposizione sul salmo 127,3 di Sant’Agostino, è una sintesi della visione di Chiesa del Vescovo Ipponate. Consideriamo la frase nel suo contesto: «…Pur essendo molti i cristiani, uno solo è il Cristo. Un unico uomo, Cristo, sono i cristiani insieme col loro capo che ascese al cielo. Non lui un individuo singolo e noi una moltitudine, ma noi, moltitudine, divenuti uno in lui che è uno (sed et nos multi in illo uno unum). Cristo dunque, capo e corpo, è un solo uomo. E qual è il corpo di Cristo? La sua Chiesa. Lo afferma l’Apostolo: “Noi siamo membra del suo corpo”, e ancora: “Voi siete corpo di Cristo e [sue] membra”» (Esp. Sul Salmo 127, 3-4).
Nella visione ecclesiologica del Vescovo di Ippona, Cristo-capo e la Chiesa-corpo formano un tutt’uno, il Cristo totale (Christus Totus): un corpo, la Chiesa, che cammina sulla terra e il cui capo, Cristo, la precede in cielo.
La frase scelta da Papa Leone mette l’accento su un punto specifico: com’è possibile che noi, da moltitudine disunita e solcata da innumerevoli differenze, diventiamo una unità? Resteremo in balìa delle nostre diversità che tendono sempre ad allontanarci gli uni dagli altri, a non capirci e a dividerci? Ci sarà un punto che consenta l’aggregazione? Esiste un centro di attrazione in grado di avvicinarci ad esso e, così, di avvicinarci gli uni agli altri, in modo tale da trasformarci in un’unità? Sant’Agostino risponde: sì, esiste questo centro aggregatore: è la persona di Cristo. È lui che ha la forza di attirarci a sé e, al tempo stesso, di renderci vicini gli uni agli altri, così da vincere ogni distanza e formare una cosa nuova: una unità.
Agostino era affascinato dalla pagina degli Atti degli Apostoli che descriveva la vita della prima comunità cristiana. Non solo: nelle Confessioni annota il fascino che esercitò su di lui il fatto di vedere la comunità dei fedeli della Chiesa di Milano uniti intorno al loro pastore, il vescovo Ambrogio. Queste testimonianze di unità esercitarono in lui un’attrattiva tale che, anche nella sua Regola, egli raccomanda sia ai frati che alle monache, in vari modi, l’unità, come al n.9: «Difendete ad ogni costo l’unanimità e la concordia e rendete reciprocamente in voi onore a Dio, del quale siete fatti dimora»; e alla fine (n. 48): «Osservate questa Regola con amore, quali amanti della bellezza spirituale; spandete dalla santità della vostra convivenza il buon profumo di Cristo, non come schiavi sotto la legge, ma come figli sotto la grazia». Sono parole care al nostro Papa, tenuto, come ogni religioso agostiniano, a leggerle almeno una volta alla settimana.
Il buon profumo di Cristo è il profumo della concordia, della carità, dell’umiltà: profumo di vita, di cui il nostro mondo ha tanto bisogno.
* Monache Agostiniane Rossano Calabro
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 maggio 2025