XXXIª Giornata Mondiale del Malato. L’«Abbi cura di lui» e lo stile sinodale del camminare insieme e della prossimità. Una riflessione su malattia, cura ed Eucarestia

di padre Augusto Chendi*

Nel solco del cammino sinodale, con il Messaggio della XXXIª Giornata Mondiale del Malato, celebrata nell’annuale ricorrenza dell’11 Febbraio, Memoria della Beata Vergine di Lourdes, Papa Francesco riconduce l’attenzione della Chiesa e dei singoli credenti al fatto che la fragilità e la malattia, nei loro diversi volti, possono essere efficaci strumenti per imparare e per esercitare altresì il «camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza».

L’invito del Papa riporta tutte le attività volte a servizio delle persone ammalate e fragili – professionisti della salute, famiglie, parrocchie, volontariato – nell’alveo di una azione pastorale che appartiene alla comunità ecclesiale nel suo insieme, e che dovrebbe essere esercitata a nome e nel respiro della comunione ecclesiale. Non si tratta, quindi, di sentieri isolati o autonomi, bensì di «camminare insieme», secondo lo stile di Dio, emblematicamente richiamato nella parabola del Buon Samaritano, e assunta da Papa Francesco come paradigma «dei molti modi in cui oggi la fraternità è negata» e al contempo misura per la Chiesa a confrontarsi con il mistero della malattia e della sofferenza.

Questo stile sinodale, che in fondo si richiama alla forma ecclesiale più autentica, si stempera, pertanto e quasi naturalmente, nei tre atteggiamenti richiamati dal Messaggio pontificio, ovvero la vicinanza, la compassione e la tenerezza. In questa, che potremmo definire come “pericoresi della carità” del mondo della salute, si declina l’invito che la parabola lucana pone sulle labbra del Samaritano «Abbi cura di lui», nel rivolgersi all’albergatore al quale aveva affidato il malcapitato, avvertito ormai non come un estraneo da evitare, ma come un fratello che gli apparteneva; era, cioè, diventato qualcuno del quale prendersi cura come di se stesso.

In una cultura che abbandona e discrimina coloro che non corrispondono ai cliché della moda del momento, tutti avvertiamo il senso di impotenza, fragilità e vulnerabilità che, nella malattia fisica, psichica, morale, nella disabilità, nell’anzianità come nelle patologie ad esito infausto o neurodegenerative… intersecano direttamente o indirettamente i nostri vissuti. In queste esperienze drammatiche di sofferenza e di malattia quella che San Giovanni Paolo II definiva la “fantasia della carità” costituisce la modalità secondo la quale – sono sempre parole di Papa Francesco richiamandosi all’enciclica Fratelli tutti – «si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune».

Non si tratta soltanto di persone che nei drammatici giorni della pandemia si sono rivelate in modo a volte eroico autentici “professionisti della salute e della consolazione” – medici, infermieri, personale amministrativo e ausiliario, volontariato socio-sanitario -, ma di lasciarsi tutti coinvolgere, nei modi e secondo le specifiche responsabilità di ciascuno, ad improntare una cultura e, conseguentemente, strategie socio-sanitarie e di prossimità, attente alla vulnerabilità e alla fragilità che tutti coinvolge. Da qui l’impegno a rivisitare i modi e le politiche per implementare un bene comune che interrompa l’indifferenza e freni «il passo di chi avanza come se non avesse fratelli o sorelle», sensibilizzando il popolo dei credenti, così come le Istituzioni socio-sanitarie e la stessa società civile, a nuove modalità e forme operative per avanzare insieme.

Questo stile “sinodale”, mentre richiede che in ogni Paese vengano operate strategie e investite risorse perché ad ogni persona sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute, trova il suo fulcro sorgivo in Dio stesso. Infatti – come ricorda il Messaggio per questa Giornata del Malato – «l’esperienza dello smarrimento, della malattia e della debolezza fanno naturalmente parte del nostro cammino: non ci escludono dal popolo di Dio, anzi, ci portano al centro dell’attenzione del Signore, che è Padre e non vuole perdere per strada nemmeno uno dei suoi figli». 

L’esperienza del «camminare insieme», secondo la quale nessuno può essere o sentirsi escluso, si riflette naturalmente nel sacramento dell’Eucarestia, Mistero sul quale la nostra Arcidiocesi si sta soffermando in questo Biennio in ricordo dell’anniversario degli 850 anni del Miracolo Eucaristico avvenuto a Ferrara, nella Basilica di Santa Maria in Vado, il 28 marzo 1171. Il Mistero Eucaristico di Gesù, che spezza e condivide se stesso per raggiungere ogni fragilità, anche la più ignominiosa, come è il peccato dell’uomo, costituisce la sorgente di una condivisione che si declina immediatamente come compassione – intesa come la manifestazione di un amore incondizionato di partecipazione affettiva che non chiede niente in cambio -, anzitutto da parte di Dio nel Suo Figlio Gesù e, di converso, – sono le espressioni del nostro Arcivescovo nella sua Lettera Pastorale L’Eucarestia, sacramento del dono – «come immersione nel “mistero d’amore di Dio per l’uomo”: è lasciarsi accompagnare da Cristo». 

La malattia e la sofferenza, pertanto, non possono costituire per il credente un alibi per rassegnarsi, per lasciare che il buio ci schiacci e soverchi, bensì è lasciarsi accompagnare in questo buio da chi fa luce ed è luce, avendo Egli assaporato questa stessa oscurità nella disponibilità e nella dedizione più profonde, come, nel caso, l’essere Pane spezzato e Calice condiviso per tutti. In tale modo è Dio che ha aperto il suo Cielo e si è abbassato per guidare l’uomo nell’abisso del Suo amore, abilitando ogni persona a diventare segno della Sua azione nel mondo. Attraverso la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità Egli vuole entrare nel mondo sempre di nuovo e vuol sempre di nuovo far risplendere la Sua luce nella nostra notte, compresa quella lancinante del mistero della sofferenza e della malattia.

Da qui il senso della celebrazione della XXXI Giornata del Malato iscritta nel percorso delle Giornate Eucaristiche Diocesane, intese dal nostro Arcivescovo in sintonia con i diversi Uffici Pastorali e che culmineranno nella Solennità del Corpus Domini dell’8 giugno prossimo. Questa terza tappa, dal titolo “Spezzare-Essere fragili”, intende far proprio il valore insito nello “spezzare”, segno emblematico di vite ferite, fragili, piagate nella corporeità e nell’intimo, emblema in fondo della fragilità che ciascuno sperimenta quotidianamente, ma al contempo metafora della condivisione che dall’Eucarestia si espande e abilita i credenti ad un «camminare insieme», facendosi prossimi, prendendosi cioè cura l’uno dell’altro nell’esercizio proprio di chi personalmente è e si sente fragile, ragione per la quale alcuna fragilità altrui può essere uno stigma o risultare estranea. 

L’esercizio sinodale della guarigione, pertanto, si espande e trova spazio in una rete di professionalità, che non è riconducibile soltanto a quella dei clinici e dei professionisti della salute, ma è propria anche di coloro che, ad esempio nelle famiglie, quotidianamente accudiscono i loro congiunti nelle loro fragilità e piaghe sanguinanti, come ugualmente appartiene all’intera Comunità ecclesiale, intesa come “Comunità sanante”, dando lode al Mistero dell’amore, in libertà e gratuità, senza calcoli da fare o fini da raggiungere. E tutto questo senza clamori o facili esibizionismi, ma recuperando un campo vasto e significativo – potremmo dire “feriale” -, nella misura in cui personalmente facciamo e facciamo fare esperienza di incontri con volti e storie di persone non trattate come “casi da risolvere”; alla ricerca, quindi, non di soluzioni, bensì di condivisioni di concreta umanità nella sua fragilità e nudità. Là dove ci scopriamo fragili e nudi, insieme ai poveri di ogni tipo, avviene per grazia un’intuizione e si esercita un’esperienza uniche e singolari del Mistero stesso dell’amore di Dio.

* Direttore Ufficio diocesano Pastorale della Salute

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All’Ospedale di Cona  l’11 febbraio col Vescovo. Come ottenere l’Indulgenza Plenaria

L’11 febbraio all’Ospedale “Sant’Anna” di Cona alle ore 15 è in programma l’Adorazione guidata da Pastorale familiare, SAV, Scienza&Vita, AMCI, Unitalsi, Consultorio diocesano, Pastorale salute.

A seguire, alle 17 la S. Messa celebrata da mons. Gian Carlo Perego.

In occasione della XXXIª Giornata Mondiale del Malato in concomitanza con la Terza Giornata Eucaristica Diocesana “Spezzare-Essere fragili”, la Penitenzieria Apostolica concede di ottenere l’Indulgenza Plenaria per sé o per i defunti non solo a coloro che parteciperanno alla celebrazione prevista presso l’Ospedale “Sant’Anna” di Cona, ma anche alle persone anziane, inferme o comunque impossibilitate per una grave causa a partecipare alla suddetta iniziativa, unendosi spiritualmente ai fini del Biennio Eucaristico tramite l’offerta a Dio di preghiere e di sofferenze o degli incomodi legati alla propria condizione, e si impegnino poi ad adempiere appena possibile le tre consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione Eucaristica e Preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice).

L’11 a Comacchio

Sabato 11 febbraio nella Concattedrale di Comacchio, l’UP e l’Unitalsi comacchiese organizzano per le 16.30 un momento di preghiera dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi del S. Rosario e alle ore 18 la S.Messa solenne vespertina, il Rito dell’Unzione degli infermi per gli anziani e le persone ammalate nel corpo e nello spirito e la processione interna “aux flambeau” con la statua della Vergine. 

Dal 3 al 10 febbraio in programma la Novena alla B.V. Maria di Lourdes con alle ore 17 Adorazione Eucaristica, S. Rosario e Benedizione Eucaristica (possibilità di celebrare il Sacramento della Penitenza), ore 18 S. Messa.

Domenica 5 febbraio nella chiesa del Ss.mo Rosario: ore 17.15  Secondi Vespri, Adorazione Eucaristica, Santo Rosario e Benedizione Eucaristica, ore 18.30 S. Messa. All’inizio della novena, alle porte della chiesa, saranno disponibili dei pieghevoli da portarsi a casa e usare alle celebrazioni per vivere comunitariamente la preparazione alla festa.

Articoli pubblicati su “La Voce” del 10 febbraio 2023

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