Siamo andati a Venezia a vedere la mostra sul grande artista: il dipinto con l’«Angeletto» inizialmente si trovava nella nostra chiesa di S. Maria dei Servi…

di Micaela Torboli

La mostra-dossier Tiziano 1508. Agli esordi di una luminosa carriera (a cura di Roberta Battaglia, Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta; fino al 3 dicembre 2023), aperta nei giorni scorsi in tre sale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, è incentrata intorno a nuovi studi sulla giovinezza di Tiziano Vecellio, nato a Pieve di Cadore forse nel 1488, tema dibattuto ma tuttora aperto anche a esiti sorprendenti. Essi riguardano in particolare un’opera dipinta per una chiesa di Ferrara, Santa Maria dei Servi. Si tratta dell’Angelo con tamburello della Galleria Doria Pamphilj di Roma, una tavola di cm. 98,2×66,8 che si data appunto al 1508. Nel 1621 Marc’Antonio Guarini, nel suo Compendio Historico delle chiese di Ferrara (In Ferrara, presso gli Heredi di Vittorio Baldini, p.45) scriveva: «Evvi alla sinistra del Pulpito, un’Angeletto, che stà sonando un cembalo, a piedi d’un trono, in cui stà assisa un’Imagine della Beata Vergine di mano di Tiziano, ed altre». Per “cembalo” intendeva un tamburello musicale. 

Il dipinto fu smembrato quando fu oggetto delle attenzioni dei fratelli romani Paolo e Federico Savelli, della casata dei principi di Albano, succedutisi l’uno all’altro come Generali dell’Armi papali di Bologna, Ferrara e Romagna nel primo quarto del Seicento. Erano predatori, come i due leoni che si mostrano fieri nello stemma della loro famiglia: il Tiziano ferrarese fu per loro una vittima succulenta. Qui la questione s’ingarbuglia, e Antonio Mazzotta, nel catalogo della mostra, tenta di ricondurre i tasselli del mosaico ad una provvisoria sistemazione. Ma è cosa molto difficile, ecco un esempio problematico. Santa Maria dei Servi fu rasa al suolo nel periodo della costruzione della Fortezza di Ferrara. Si trova spesso scritto che questo sarebbe accaduto nel 1633, un errore che deriva dal frequente ricorrere alla prima edizione a stampa (Ferrara, 1990) della Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara di Carlo Brisighella (sec. XVIII). Qui si legge (p.142) che fu «Demolita d’ordine d’Urbano VIII Sommo Pontefice l’antica chiesa e monastero di Santa Maria de’ Servi nell’anno 1634», mentre la curatrice Maria Angela Novelli, aggiungeva in nota (p.144): «Nel 1633 il complesso (…) fu abbattuto per ordine di papa Paolo V», il quale però morì nel 1621, per cui la correzione è del tutto errata. Meglio tener conto del Supplemento al Compendio Historico del Signor D. Marc’Antonio Guarini di Andrea Borsetti Ferranti (In Ferrara, per Giulio Bolzoni Giglio, 1670, p.160) uscito quasi a ridosso degli avvenimenti: «Partendosi il Cardinal Antonio Barberino da Ferrara l’Anno 1632, lasciò legato Successore il Card. Gio: Battista Pallotto, con commissione che dovesse far demolire la Chiesa, e Convento de’ Padri de’ Servi per essere troppo vicino alla Fortezza; l’Essecutione fù differita sino all’anno 1635.» E il 1635 è la data scelta pure da Scalabrini, che descrisse le chiese di Ferrara nel 1773. Mazzotta propone la suddivisione della tavola in almeno quattro parti fin dal 1613, il che andrebbe a contrastare con il 1621 nel quale Guarini vide il quadro integro, e ne deriva che si fosse ottenuta una copia dell’insieme (non nota: perduta?) a Scarsellino. 

Un recente restauro dell’Angelo di Tiziano ha svelato la qualità strabiliante e molti segreti del dipinto. È partita la caccia alle altre parti originali della tavola, che non erano tutte di Tiziano, il quale avrebbe eseguito l’Angelo e magari ritoccato il resto, forse terminando un dipinto incompiuto di mano di Nicolò Pisano (Pisa 1470-ivi 1536 ca.), un artista toscano attivo a Ferrara. Di Nicolò si crede siano un San Francesco oggi al Musée des Beaux-Arts di Béziers, ed una Madonna in trono con il Bambino che si trova al Museo Pushkin di Mosca, entrambi adatti ad essere parti della pala. 

Restano aperti molti fronti. Come dare un nome al Trotti che avrebbe avuto il giuspatronato della cappella dove stava la pala, e disposto a cederla ai Savelli, come risulta da loro lettere: potrebbe trattarsi di Ignazio Trotti, poeta, «Ajo di D. Maffeo figlio di D. Taddeo Barberini nipote di Papa Urbano VIII» morto a Parigi nel 1650 (L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi, Ferrara, Eredi Rinaldi, 1804, t. II, p.198). Dare tante risposte ai dubbi sarà duro, ma grazie alla mostra veneziana il ruolo del giovane Tiziano a Ferrara trova ora, e troverà sempre più, smalto ed interesse.

(Immagine: Tiziano Vecellio, Angelo con tamburello, 1508, Roma, Galleria Doria Pamphilj)

Pubblicato sulla “Voce” del 22 settembre 2023

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