Appuntamento il 6 maggio nel Seminario Arcivescovile di Ferrara: si rifletterà tanto sulla ministerialità “ordinaria” quanto sui “ministeri istituiti”. E sulle nuove forme per annunciare il Vangelo

di Giorgio Maghini

Per poter prendere il via, ogni percorso di discernimento deve superare un ostacolo: quello di pensare alle scelte da compiere in termini di “continuità” o “discontinuità”, termini che poi noi uomini traduciamo – per colpevole pigrizia – in “fedeltà” o “rinnovamento”.

Dato, però, che “fedeltà” e “rinnovamento” sono entrambi atteggiamenti molto positivi, viene da chiedersi in primo luogo perché mai sia necessario opporli e, in secondo luogo, “a che cosa” si intenda essere fedeli e “che cosa” si intenda rinnovare.

Sono domande tutt’altro che banali, e lo dimostra il fatto che Papa Francesco, per farcele comprendere in profondità, ha proposto alla nostra meditazione tutta una serie di espressioni e metafore: dalla critica al “si è sempre fatto così”, all’”odore delle pecore”, al rimprovero per i “cristiani quaresimali”, all’orizzonte additato delle “periferie esistenziali”…

Quello che il Papa ci propone è un cammino – di quasi incalcolabile complessità – in cui la “continuità” (la Chiesa porta da sempre nel cuore le proprie prassi, il destino delle pecore – soprattutto, anche se a volte tendiamo a dimenticarcene, quelle perdute – la luce di Pasqua che segue la Quaresima e gli uomini e le donne a qualsiasi titolo emarginati) e la “discontinuità” (cioè la sfida infinita a tradurre le verità – eterne – della Fede nei linguaggi – passeggeri – dell’attualità) non solo si contemperano, ma si presuppongono l’un l’altra.

Se si accetta – serenamente – questa duplicità di fondo dell’essere Chiesa, allora appare chiaro come qualsiasi tensione tra continuità e discontinuità sia destinata ad evaporare (così come, annotazione di non poco conto, qualsiasi motivo per dividerci in “cultori della continuità” e “cultori della discontinuità”).

L’unico atteggiamento costruttivo è il discernimento: un percorso chiaro nei metodi, fondato nei presupposti e sostenuto dalla relazione tra persone appassionate che ha come obiettivo decidere quale sia il bene della Chiesa qui e ora.

Si tratta, né più né meno, del senso del cammino sinodale che la Chiesa universale sta compiendo.

Ed è, anche, l’atteggiamento di fondo con cui sabato 6 maggio il laicato ferrarese si incontra in un nuovo appuntamento della “Giornata del Laicato”.

Da un po’ la GdL aveva scelto di fermarsi, per lasciare il dovuto spazio ai diversi livelli degli incontri sinodali: parrocchiali, vicariali, di ambito, dedicati al Consiglio Presbiterale e al Consiglio Pastorale… nonché alle assemblee diocesane di condivisione di quanto stava avvenendo nella nostra Chiesa locale.

Quando si vanno a rileggere le sintesi di questi incontri, c’è da rimanere ogni volta grati e stupiti per quanta ricchezza la nostra Chiesa sa esprimere!

La giornata di sabato 6 avrà come tema la ministerialità, tanto nel suo aspetto di ministerialità “ordinaria” quanto in quello specifico dei “ministeri istituiti” (lettore, accolito, catechista), a proposito dei quali la CEI ricorda che «hanno il loro fondamento teologico nella realtà della Chiesa come comunione di fede e di amore, espressa nei grandi documenti del Vaticano II. […] Ogni ministero è per l’edificazione del corpo del Signore e perciò ha riferimento essenziale alla Parola e all’Eucaristia fulcro di tutta la vita ecclesiale ed espressione suprema della carità di Cristo, che si prolunga nel “sacramento dei fratelli”, specialmente nei piccoli, nei poveri e negli infermi, nei quali Cristo è accolto e servito» (Premesse CEI al Rito di istituzione, 1 e 3).

A fianco della riflessione sui ministeri istituiti – grande e luminosa tradizione della Chiesa – si darà anche spazio alla “fertilità del ministero”. A quello sguardo, cioè, attento e creativo sul mondo e ansioso di inventare nuove forme per servirlo e volgerlo al Vangelo; o, in altre parole, a quell’amore appassionato per tutti quelli che non frequentano le nostre comunità ma condividono, per dirla con la Gaudium et Spes, «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono…»

Possiamo immaginare nuove ministerialità per portare l’annuncio di Cristo che salva e redime all’uomo di oggi?

Ecco qual è l’oggetto del discernimento.

E si tratta di una domanda che, davvero, è al di sopra di ogni divisione tra cultori della tradizione e cultori del rinnovamento.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 5 maggio 2023

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