La storia di Sorhab, Hamida e Helen, fuggiti dai talebani, arrivati qui con un corridoio umanitario e sostenuti dalla comunità

di Anna De Rose

Lo scorso 12 marzo, l’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego ha incontrato a Casaglia la famiglia Fakoori: Sorhab, sua moglie Hamida e la loro figlia Helen, che in questi giorni ha compiuto un anno. 

La famiglia Fakoori proviene dall’Afghanistan, è di etnia tagika ed è musulmana. Entrambi i coniugi, dopo gli studi in Giurisprudenza e Scienze Politiche, sono stati impegnati per anni nel sociale e in politica, per proteggere e accrescere i diritti umani e delle donne nel loro Paese. In questo frangente, la famiglia ha anche collaborato con le forze militari italiane attive nell’ufficio del PRT (Provincial Reconstruction Team) di Herat, fino all’ascesa al potere, nell’agosto del 2021, dei talebani. 

A causa del loro impegno civile, politico e sociale, Hamida e Sohrab sono dovuti scappare dall’Afghanistan: l’attesa dell’apertura di un corridoio umanitario verso l’Europa è durata molti dolorosi mesi, trascorsi tra Afghanistan e Iran, in condizioni di grave pericolo per la vita e l’incolumità fisica di tutti i membri della famiglia, mentre Hamida era incinta della piccola Helen. Infine, anche grazie all’aiuto dei militari italiani, i Fakoori hanno potuto utilizzare uno dei corridoi umanitari predisposti dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla CEI – attraverso la Caritas –, alla Federazione delle Chiese Evangeliche e alla Tavola Valdese. Le istituzioni citate hanno infatti firmato un accordo con il Ministero degli Esteri e quello degli Interni, per aprire corridoi umanitari e consentire, a chi fugge ed è in condizioni di vulnerabilità, di poter arrivare in Italia. 

La storia della famiglia Fakoori è solo uno dei tanti esempi che ci aiuta a comprendere, soprattutto in questi giorni, quali sono le motivazioni che spingono i migranti a rischiare la loro vita, attraversando il Mediterraneo, in assenza di un corridoio umanitario disponibile. 

Papa Francesco ci chiede ogni giorno di essere accoglienti, di ospitare le persone che arrivano in Italia e di aiutarle ad inserirsi nel nostro tessuto sociale: per questo, chi scrive e Daria, entrambe membri della Comunità Papa Giovanni XXIII, con la disponibilità della parrocchia di Casaglia (nella figura di don Silvano Bedin) abbiamo risposto all’appello di Papa Francesco, accogliendo la famiglia Fakoori. Per rendere possibile la loro accoglienza, sono state coinvolte circa 50 famiglie, che contribuiscono ogni mese attraverso la donazione di una quota mensile di pochi euro. Il progetto ha la durata di circa un anno, e si prefigge di fornire gli strumenti di base utili ai membri della famiglia per intraprendere un nuovo cammino di vita in Italia (apprendimento delle basi della lingua italiana e conseguente inserimento lavorativo). Senza l’aiuto di queste famiglie, il progetto non sarebbe stato possibile: li ringraziamo e gli siamo riconoscenti. 

A distanza di sei mesi dal suo arrivo a Ferrara la famiglia Fakoori ha potuto incontrare e ringraziare il Vescovo, offrendogli una cena a base di riso, pollo e tante altre deliziose pietanze tipiche della cultura afghana.

Papa Francesco, in Fratelli tutti 139, ci esorta all’accoglienza gratuita, perché «soltanto con questa si potrà avere futuro, e così riconoscere il risorto in ogni fratello che si rialza in piedi». Questo è quello che speriamo tutti noi per questa famiglia e tante altre che hanno bisogno di noi.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 24 marzo 2023

Abbonati qui alla nostra rivista!

Continua a leggere