Capolavori in Duomo /4 – Il quarto contributo di Micaela Torboli sui gioielli presenti nella nostra Cattedrale

di Micaela Torboli

La grande pala di Bastianino, Madonna con il Bambino in gloria, adorata dalle Sante Caterina e Barbara (1575 ca.), posta nel terzo altare di destra della Cattedrale, ornava un tempo la chiesa del monastero di Santa Caterina, soppressi entrambi nel 1796. 

A Bastianino  il critico d’arte Francesco Arcangeli dedicò, nel 1963, una nota monografia. Sebastiano Filippi (Ferrara o Lendinara, 1536 – Ferrara 1602), detto Bastianino, era figlio del pittore Camillo. Bastianino ha fama di artista ostico, per il suo michelangiolismo irrisolto e la nebbiosità che sfoca le sue immagini. Arcangeli lo amava proprio perché non amabile, calandolo in una ‘900 irto di disagio, e con un velo di Schadenfreude, la parola tedesca che significa qualcosa come “piacere provocato dalla sfortuna altrui”. Più che Bastianino, è Arcangeli il protagonista del volume, con la sua prosa distillata, che discende “per li rami” da quella gemmea e glaciale di Roberto Longhi, il suo maestro. Al critico bolognese dispiaceva che la pala di Bastianino fosse stata apprezzata nel tempo: per Barotti, Lanzi, Avventi, tra ‘700 e ‘800, era bella, chiara e matura, «una delle sue opere più diligentemente condotte, e meno annebbiate» (Laderchi), così diversa dalle evaporazioni delle forme che il pittore privilegiava. Perciò, scrisse Arcangeli riguardo il quadro, «fu sventura, pel Bastianino, che il Romanticismo italiano fosse cosa, tutto sommato, modesta, e intinta di gusto neoclassico. Piacque perciò la parte più composta, meno lontana dalla calma pittura del padre, proprio ciò che a noi piace meno, in lui», ovvero Bastianino delle nebbie. 

Oggi il critico non troverebbe moltissimi a seguirlo su questa strada, il suo “noi” irrita: il Romanticismo italiano è in voga, come il Neoclassicismo. Canova, demolito dall’onnipotente Longhi, ha ripreso forza e viene ammirato più che mai. A “noi” interessa tanto il Bastianino della limpida pala di Santa Caterina quanto quello del potente affresco con il Giudizio universale della volta absidale della Cattedrale, dove eccelle la sua poetica brumosa.

Articolo pubblicato su “La Voce” dell’11 novembre 2022

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