Su questo si è riflettuto nella Giornata del Laicato svoltasi lo scorso 6 maggio nel nostro Seminario Arcivescovile. Corresponsabili per ripensare le nostre comunità

Esistono già nelle nostre parrocchie e in ogni nostra comunità ecclesiale delle particolari figure di servizio, dei “ministeri di fatto”?

Su questa domanda che sempre più incalza la Chiesa, ogni nostra Chiesa locale, anche la nostra Arcidiocesi sta proseguendo un discernimento condiviso. Un momento importante di questo discernimento è stata la Giornata del Laicato svoltasi nel Seminario di Ferrara nel pomeriggio del 6 marzo scorso. La Giornata ha avuto quindi come tema la ministerialità, tanto nel suo aspetto di ministerialità “ordinaria” quanto in quello specifico dei “ministeri istituiti” (lettore, accolito, catechista) e, appunto dei cosiddetti “ministeri di fatto”.

Un’occasione, dunque, per delineare e rafforzare maggiormente il ruolo delle laiche e dei laici nelle nostre comunità ecclesiali e, dall’altra parte, per responsabilizzarli sempre di più, senza delegare – come spesso accade – progettualità e decisioni al proprio parroco. Sempre centrale, quindi, il tema della corresponsabilità tra laici e presbiteri, per evitare forme tanto di clericalizzazione quanto di laicizzazione, e mai dimenticando l’atteggiamento sinodale del “camminare insieme”. Una «polifonia», l’ha definita Giorgio Maghini, che ha introdotto e coordinato la Giornata.

La relazione introduttiva è spettata, invece, al nostro Vicario Generale mons. Massimo Manservigi. «I “ministeri di fatto” – ha detto – riguardano chi in qualche modo si è messo al servizio della propria comunità in un modo particolare, partendo dalla riscoperta della centralità del battesimo e degli altri sacamenti dell’iniziazione cristiana. Su questi, possiamo riflettere assieme cercando di individuare quali sono i bisogni della comunità stessa, e come da questi si configura una modalità di vita, di testimonianza specifica».

Recependo gli interventi di Papa Francesco (il Motu Proprio “Spiritus Domini” e il Motu Proprio “Antiquum Ministerium”), la CEI l’anno scorso ha elaborato una Nota per orientare la prassi delle Chiese di rito latino in Italia sui Ministeri istituiti del Lettore, dell’Accolito, del Catechista, Nota approvata ad experimentum per il prossimo triennio.

Prendendo le mosse da un passo paolino – «E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1 Corinzi 12,7) – è dunque importante riflettere su come ogni  Ministero sia «un dono dello Spirito, abbia un fine e un contenuto ecclesiale, stabilità di prestazione, e debba  avere il riconoscimento dell’intera comunità che serve».

Nello specifico, la Nota CEI spiega per ognuno dei tre Ministeri istituiti: 

Lettore: proclama la Parola di Dio nell’assemblea liturgica, in primis nella celebrazione eucaristica, ma anche nelle diverse forme liturgiche di celebrazione della Parola, della liturgia delle Ore e nelle iniziative di (primo) annuncio. Prepara l’assemblea ad ascoltare e i lettori a proclamare i brani biblici, anima momenti di preghiera e di meditazione (lectio divina) sui testi biblici, accompagna i fedeli e quanti sono in ricerca all’incontro vivo con la Parola.

Accolito: è colui che serve all’altare, coordina il servizio della distribuzione della Comunione nella e fuori della Messa. Anima inoltre l’adorazione e le diverse forme del culto eucaristico.

Catechista: cura l’iniziazione cristiana di bambini e adulti, e accompagna quanti hanno già ricevuto i sacramenti nella crescita di fede. Può coordinare, animare e formare altre figure ministeriali laicali all’interno della parrocchia. Inoltre, la CEI ha scelto di conferire il “ministero istituito” del/la Catechista a una o più figure di coordinamento dei catechisti dell’iniziazione cristiana dei ragazzi e a coloro che in modo più specifico svolgono il servizio dell’annuncio nel catecumenato degli adulti. Il Catechista può anche svolgere il ruolo di referente di piccole comunità (senza la presenza stabile del presbitero) e può guidare, in mancanza di diaconi e in collaborazione con Lettori e Accoliti istituiti, le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero e in attesa dell’Eucaristia.

Per concretizzare tutto ciò, ci vuole tempo, ma anche l’impegno di ognuno. Ogni Ministro della Chiesa, ha proseguito mons. Manservigi, «non deve mai dimenticare di essere espressione della propria comunità», evitando così atteggiamenti autoreferenziali. Diversi gli interventi e le domande dei presenti in dialogo col nostro Vicario generale, prima di dividersi per oltre un’ora in alcuni gruppi di riflessione, per ragionare se e come innanzitutto nelle singole comunità ecclesiali siano già emersi alcuni “ministeri di fatto”, sull’esempio della nascita delle figure diaconali nelle prime comunità cristiane. Maghini, ricevute le sintesi dai gruppi, ne estrarrà un unico verbale da consegnare al nostro Arcivescovo.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 12 maggio 2023

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