L’esposizione “Rinascimento a Ferrara” inaugura il 18 febbraio

di Micaela Torboli

Più che Rinascimento a Ferrara. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa, la mostra con la quale, il 18 febbraio, riaprirà Palazzo dei Diamanti, avrebbe forse dovuto delucidare nel titolo lo spunto programmatico dichiarandone ispirazione da uno scritto del dotto Giovanni Sabadino degli Arienti, il De triumphis religionis, ovvero “ I trionfi della religione”, dedicato ad Ercole I d’Este nel 1497, con elogio degli aspetti culturali estensi del tempo, sotto l’egida della spiritualità erculea. 

Bolognese, Sabadino si divideva tra la sua città e Ferrara, così come fecero, a parti invertite, sia Francesco del Cossa che Roberti e Costa: data la carenza endemica di artisti felsinei di alto livello, si proposero ai Bentivoglio, casata predominante a Bologna (seppur non regnante, e finita poi esiliata a Ferrara) e alla loro cerchia. La nuova mostra s’incentra su un arco temporale che inizia con il “Rinascimento padano” degli anni di Borso d’Este, duca di Ferrara dal 1450 al 1471, coprendo il rimanente ‘400 di Ercole I (regnante fino al 1505), e su su fino all’ultima opera proposta, una Madonna con il Bambino di Lorenzo Costa (Parma, Pinacoteca Stuard) già afferente il 1530, perciò sotto il tempo finale di Alfonso I d’Este, morto nel 1534. Un lasso di tempo tanto ampio si invera perché Costa (1460-1535), pittore ferrarese discendente da una famiglia di artisti, al contrario di Roberti (1450ca.-1496), morto giovane, ebbe una vita lunga e proficua, che lo vide attivo sia a Ferrara che a Bologna, e infine al servizio dei Gonzaga a Mantova, pur senza interrompere i legami con la città natale.  

La tematica religiosa domina tra i dipinti e le sculture scelti per l’esposizione dai curatori, Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, al punto che su 118 opere selezionate, solo 21 non riguardano temi devoti. Questo in ossequio al rigoroso cristianesimo del secondo duca di Ferrara, Ercole I d’Este (1431-1505), aspetto che si riversò nettamente sulle sue scelte artistiche e quindi nell’ambito della corte e dei ferraresi più abbienti, insomma sulla committenza in generale. Anche in virtù della presenza, al suo fianco, di una sposa altrettanto austera, Eleonora d’Aragona: entrambi educati alla severa corte di Napoli, città dove Ercole visse per quasi un ventennio, essendo stato allontanato appena adolescente dalla sua città per volontà del fratellastro Leonello, che ne temeva le possibili ambizioni successorie. 

Sul duca ebbe grande influenza il domenicano concittadino fra Girolamo Savonarola, ovvero quel fra Ieronimo da Ferrara che incendiò Firenze con la sua predicazione ardente ed apocalittica, e di quella repubblica sarebbe divenuto perno decisionale in ogni aspetto della sua vita, eccedendo, finché, nel 1497, fu condannato al rogo. Il duca di Ferrara ed il frate mantennero rapporti epistolari per anni, perché l’Estense, comunque cauto davanti all’intransigenza savonaroliana, voleva «purgare la città più che se puote de’ vitii et reformarla al vivere christiano» (lettera di Ercole I d’Este a G.S., 17/5/1496). A questo l’arte doveva adattarsi, e Savonarola, a Firenze, organizzò diversi “falò delle vanità”, durante i quali vennero arsi libri, stoffe preziose, statue e dipinti considerati frivoli e peccaminosi: per fortuna molti furono nascosti, sfuggendo all’ira domenicana. Niente del genere accadde a Ferrara. Del resto il pio duca non era un santo, ebbe diverse amanti, almeno tre figli naturali, e a Roberti chiese affreschi dedicati alle lascive storie di Amore e Psiche per la Delizia di Belriguardo, opere purtroppo perdute. 

L’esposizione ai Diamanti, oltre a Roberti e Costa, amplierà ad autori di fama, tra di essi contemporanei (ferraresi e non) il ventaglio delle interpretazioni pittoriche e scultoree. Parliamo di Donatello, Mantegna, Bellini, Tura, Spanzotti, Sperandio, Mazzolino, Mazzoni, Maineri, Ortolano, Perugino. Splendori prestati da musei e collezioni private di mezzo mondo, concentrati in una occasione unica. Si ammirerà, ad esempio, la Madonna con il Bambino di Lorenzo Costa (1492), oggi al Philadelphia Art Museum: nel 2001 fu scelta per il francobollo natalizio dallo U.S.A. Postal Service, e ne furono stampati 800 milioni di esemplari, così che è il dipinto di autore ferrarese forse più noto negli Stati Uniti d’America.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 17 febbraio 2023

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