Un merito della pellicola di Michele Placido da poco uscita, è di restituirci la vita del pittore al di là dei lati noti e “caricaturali”

di Pieraldo Ghirardelli

È noto ai molti l’oblio che, per secoli, ha cancellato dalla storia dell’arte il nome di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610). 

L’esistenza di questo pittore lombardo, trapiantato a Roma nei primi anni del Seicento, è riemersa solo agli inizi del ‘900 grazie al lavoro di ricerca dello storico dell’arte Roberto Longhi. Dalla scoperta di Longhi, i fari si sono finalmente riaccesi sull’artista, il cui genio è stato, sempre di più, celebrato negli ultimi anni, attraverso mostre, saggi, romanzi, fumetti, spettacoli teatrali, documentari e film. 

In riferimento a quest’ultima categoria, è attualmente nelle sale “L’ombra di Caravaggio”, film del 2022, con Riccardo Scamarcio nel ruolo dell’artista, per la regia di Michele Placido. Il film, attraverso il pretesto di un’indagine commissionata dall’autorità pontificia, recupera le vicende di Caravaggio nel suo periodo romano (1594-1606), terminato con la sua fuga da Roma, in seguito all’omicidio di Ranuccio Tomassoni, per il quale Merisi fu condannato alla decapitazione. Aldilà di ogni considerazione puramente cinematografica, ciò che desta interesse è la chiave di lettura che viene data sull’uomo Caravaggio. Genericamente, studiando la sua figura dai libri di scuola, è come se Caravaggio esistesse sotto due profili, quello artistico, delle sue opere rivoluzionarie, della luce, della ricerca del vero, della teatralità, e dall’altra, il profilo indotto dalle sue vicende biografiche, fatto di amanti, risse, omicidio, fughe, e quindi sotteso a delineare un figuro dal carattere spregiudicato e brutale. Questo film ci riporta l’inedito Caravaggio tra questi due estremi, ovvero l’uomo, Michele-Angelo, nella sua strutturale complessità. Così scopriamo un Caravaggio anche gentile, sensibile, conoscitore del Vangelo e vicino agli ultimi, così vicino da vivere assieme ai mendicanti e alle prostitute. Figure che lui stesso impiega nei suoi quadri, come scelta, qui suggerita dalla pellicola, non riferita allo studio del “vero”, ma nella perpetuazione dell’operato di Cristo. Come Gesù si avvicinava ai peccatori per ricercare il Divino così Merisi dipingeva uomini e donne comuni per farne santi. Come San Francesco nella Chiesa, Caravaggio porta nella pittura il mondo degli ultimi, un mondo fatto di miseria, piedi sporchi ma anche di vizi e violenza. Aspetti che appartengono alla vita dei tanti, quanto alla sua. Una vita piena di contrasti e contraddizioni, sacra e soprattutto profana, ma vera come la vita stessa.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 25 novembre 2022

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