Nel centenario della nascita, il prossimo 8 ottobre a Casa Cini è in programma un importante incontro dedicato a Paparella, partigiano e dirigente nazionale di Azione Cattolica, e a quei giovani  della sua generazione. Per l’occasione sarà disponibile un volume a lui dedicato 

di Francesco Paparella

Perché ricordare a cent’anni dalla nascita (14 settembre 1922) uno dei tanti cattolici (grazie a Dio!) che animarono la vita ferrarese civile e religiosa a cavallo della II guerra mondiale?

A questa domanda rispondeva Giovanni Fallani (suo amico e collaboratore nell’AC dagli anni ’50, fondatore del Servizio di Informazione Religiosa – SIR – e già direttore responsabile della “Voce di Ferrara” per alcuni anni) in una lettera a S. E. Mons. Maverna, di metà degli anni ’80, nella quale auspicava un ricordo di Bruno che «non dovrebbe avere carattere retorico o commemorativo, ma costituire un avvio a ricerche storiche più approfondite sulla spiritualità, la formazione, l’apostolato dei giovani cattolici della generazione di Bruno… Forse vi sono delle idee che, come i fiumi del Carso, fanno lunghi percorsi sotterranei per poi ricomparire improvvisamente come qualcosa di nuovo e proprio dove la terra sembrava più nuda e riarsa. È per questo che non ci sembra inutile riflettere e ricordare quella verità alla quale Bruno Paparella credette con tutte le sue forze.  “Ma di questa idea di laici nella Chiesa – diceva scherzando con gli amici – siamo appena agli inizi. Nella Chiesa ci abbiamo messo solo un piedino. Il problema vero è ancora tutto da affrontare”».

È pertanto in questo solco, in questa idea di fondo che sabato 8 ottobre a Casa Cini a Ferrara nel pomeriggio (inizio alle ore 15.45) si è voluto organizzare un incontro che, con l’occasione dei 100 anni di Bruno, ricordasse anche cosa fu il movimento cattolico di quegli anni, quasi totalmente incarnato in quell’Associazione che negli anni del regime fascista aveva rappresentato per i giovani l’unica alternativa al “libretto e moschetto”, al pensiero unico e alla sola esibizione di forza fisica e obbedienza e che nel dopoguerra aveva contribuito con i suoi giovani alla creazione della nostra Repubblica, promessa di libertà dopo anni di regime autoritario.

Ed è anche per questo, che nel ripubblicare il volume di ricordi degli amici di Bruno, già pubblicato nel 1987 a seguito di un convegno a Ferrara organizzato dall’Azione Cattolica ferrarese, si è voluta aggiungere un’appendice che raccoglie le biografie proprio di coloro che condivisero in tutto o in parte il cammino di Bruno, dalla parrocchia di S. Paolo (Carlo Bassi e Pino Ferraresi, tra gli altri), nei rami giovanili dell’Azione Cattolica diocesana (Luciano Chiappini e Giorgio Franceschini, tra gli altri) che poi proseguirono il cammino sulla medesima strada o in percorsi diversi come lo scautismo, l’impegno politico o professionale, le biografie dei compagni di strada che incontrò a Roma (Bellucci, Caligo, Fallani, Righini e Schiano) e con i quali condivise gli anni della maturità lavorativa dal 1950 al 1977 anno della sua morte; ed infine, le testimonianze delle seconde generazioni, cioè di coloro che lo conobbero come zio o come “zio acquisito”.

Ed è proprio Pino Ferraresi, che volle il convegno diocesano di AC del 1985 su Bruno, a ricordarlo come colui che «ci ha aiutato a guardare con simpatia alla Chiesa e ai limiti degli uomini. Incontrandoci dopo il Concilio ci era nata spontanea la constatazione che tante novità erano già nostro patrimonio fin da ragazzi perché don Calessi – Parroco di S. Paolo in quegli anni -, considerandoci uomini e donne fin da allora (soggetti e non solo oggetti di educazione, si direbbe oggi), pur non partecipando alle nostre tante adunanze, conversava poi a lungo con ognuno di noi e chiedeva il nostro parere sugli avvenimenti del giorno religiosi, culturali o politici, prima di esprimere il suo pensiero e di confrontarlo con il nostro». 

Proprio per questo, prendendo lo spunto dei 100 anni di Bruno, ci è sembrato doveroso ricordare quella generazione – a dir poco… particolare – che visse la propria Fede con una profondità ed una maturità tali da poter affrontare quegli anni così difficili, con la consapevolezza di una missione evangelizzatrice che non prescindeva dal contribuire in modo non marginale agli eventi di quegli anni, nella trasformazione democratica dell’Italia e nello sviluppo morale e materiale del dopoguerra, ciascuno con le proprie capacità e potenzialità e che deve all’Azione Cattolica del tempo buona parte degli strumenti formativi, morali e civili che acquisirono in età giovanile.

Articolo pubblicato su “la Voce” del 9 settembre 2022

(Nei prossimi numeri pubblicheremo altri articoli dedicati a Bruno Paparella)

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