Inaugurati gli ambienti restaurati del Monastero benedettino

«A Ferrara da troppo tempo mancava un luogo adatto per i ritiri spirituali: facciamo in modo che sia il più possibile vissuto, che sia un punto di riferimento per la nostra città».

Così il nostro Vicario Generale mons. Massimo Manservigi nel pomeriggio dello scorso 17 ottobre ha riflettuto in occasione della presentazione alla città del secondo chiostro del Monastero di Sant’Antonio Abate (o Sant’Antonio in Polesine).

Un momento di forte emozione, che ha visto la partecipazione di un centinaio di persone, le quali hanno potuto visitare alcuni luoghi di questa area del complesso monastico ristrutturati dopo i necessari lavori: il Salone “San Benedetto”, l’accoglienza, la Biblioteca di Romeo Sgarbanti (fondatore dei Serra club nella nostra Diocesi) donata dalla famiglia, il Refettorio e il Chiostro.

Ambienti – ha spiegato ancora mons. Manservigi – «riportati agli antichi splendori per l’accoglienza dei pellegrini e destinati alla comunità, per una feconda crescita religiosa e spirituale. Grazie alle nostre monache e ai funzionari del Comune per il loro lavoro». Ma mons. Manservigi ha voluto porre l’accento sulla «”forza della debolezza” delle nostre Benedettine, che vivono essenzialmente di preghiera e hanno dimostrato una straordinaria capacità di volere questo luogo, questo secondo “polmone”. Madre Maria Ilaria (Ivaldi, abbadessa del Monastero, ndr) ha sempre manifestato l’esigenza della ricostruzione del Monastero nella sua integralità, perché ciò serve a introdurre in un mondo, per un modo nuovo di vivere la nostra fede».

Ha poi preso la parola padre Roberto Nardin OSB Oliv. (Abbazia S. Maria del Pilastrello di Lendinara e, fra l’altro, docente alla Pontificia Università Lateranense, Roma), il quale ha spiegato come San Benedetto da Norcia nella sua Regola parli dell’ospitalità «non come qualcosa di transitorio ma di fondamentale. Per lui, gli ospiti devono essere accolti come fossero Cristo in persona: e ciò vale non solo per il Monastero, perché nell’altro c’è sempre Cristo. Ma l’ospitalità benedettina deve curare anche il corpo dell’ospite (riposo, cibo buono) e la sua psiche (l’ospite deve poter aprire il suo cuore, se lo desidera) e, infine, come detto, l’anima, cioè la sua edificazione spirituale, il suo rapporto con Dio. Che questo – è stato l’auspicio di don Nardin – diventi un polmone spirituale per Ferrara e per l’intera Diocesi».

 

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 24 ottobre 2025 

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