3 febbraio 2020

Maestro elementare, è stato uno storico apprezzato a livello nazionale e internazionale. Sue le ricerche sui frammenti epigrafici degli Statuti medievali sulla fiancata sud del Duomo di Ferrara

Fino allo scorso 18 gennaio presso la Biblioteca Comunale Ariostea è stata esposta la mostra fotografico-documentaria “Voci delle pietre. La Cattedrale di Ferrara: Frammenti epigrafici degli Statuti medievali del 1173 alla base del governo della città”.

Si è trattato di un avvenimento culturale reso possibile dal lavoro di uno storico ferrarese di straordinaria levatura, il maestro Adriano Franceschini (1920-2005) (nella foto, a destra, con Luciano Chiappini). Egli, nel 1969, diede in luce il risultato delle sue ricerche sul campo – cioè lungo la fiancata meridionale della Cattedrale e tra centinaia di carte negli archivi e biblioteche ferraresi – con il volume “I frammenti epigrafici degli Statuti di Ferrara del 1173 venuti in luce nella Cattedrale”. Del testo statutario, dopo le ‘limitatissime’ scoperte sei-settecentesche rispettivamente di Girolamo Baruffaldi e del canonico Giuseppe Antenore Scalabrini e i loro acerbi tentativi di lettura, il Franceschini ne offrì le matrici giuridiche derivate da diplomi imperiali e bolle pontificie e da leggi e consuetudini delineatesi nei secoli X e XI in funzione dell’autonomia comunale: e per questo aspetto lo studioso si presenta con una competenza straordinaria, ben superiore a quella richiesta da un maestro di scuola elementare; professione da lui orgogliosamente e fedelmente vissuta e di cui menò vanto – talora maliziosamente – nei confronti di cattedratici titolari. La nuova Cattedrale, sorta nel secolo XII e dedicata a S. Maria e a S. Giorgio, nell’ostentare sulla sua muratura esterna, proprio prospiciente la piazza ‘del popolo’, un testo legislativo comunale, si appalesò pure nel suo ruolo – certo inscindibile da quello sacrale – di ‘casa del popolo’.

Proprio da questa mostra – di immagini e di scritte – che ha tratto ispirazione e linfa nel sessantesimo anniversario della pubblicazione dei “Frammenti epigrafici” – si può idealmente far partire la celebrazione centenaria della nascita del Maestro nel 1920, avvenuta a Porotto il 17 aprile; avvenimento che non potrà passare inosservato specie per varie istituzioni culturali: la Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, la “Ferrariae Decus”, la stessa Università di Ferrara. Ma pure non potrà non coinvolgere la Diocesi, già per la evidenziazione del ruolo della Cattedrale alla luce del monumento lapidario “scoperto e studiato” dal Franceschini; egli, poi, si è reso benemerito per l’impegno del riordino e della regestazione di circa tremila pergamene dell’Archivio Storico Diocesano, con un lavoro che lo ha visto operoso in ambiente disagevole: senza luce, senz’acqua, senza riscaldamento; ma incontrando sempre l’incoraggiamento e l’apprezzamento del cancelliere Mons. Giuseppe Giuliani (+1997) e la collaborazione dell’arciprete di Porotto Mons. Carlo Fortini (+2013). Va ancora ricordata la sua ricca e competente fornitura di materiale documentario da lui messo a disposizione dell’arciprete di Bondeno Mons. Guerrino Ferraresi (+1984), dedito alla stesura della monumentale opera sul B. Giovanni Tavelli da Tossignano, uscita in quattro volumi nel 1969, procurando ogni volta un “giorno di festa”, come gli scriveva l’autore il 28 febbraio 1968. Non ultima, non va dimenticata la sua attiva collaborazione redazionale di “Analecta Pomposiana”. E c’è poi un retaggio di pubblicazioni che – tra molte – attengono in primis o in toto la storia della chiesa ferrarese: come lo studio del 1982 dedicato alla biblioteca del Capitolo dei Canonici della Cattedrale, che rivela una straordinaria presenza di opere di carattere biblico, liturgico, patristico, giuridico, omiletico, pastorale, musicale.

Nell’ambito della Città il campo di lavoro dissodato in largo, in lungo e in profondità dal Franceschini, le cui risultanze storiografiche, alcune consegnate in mastodontici volumi, hanno illustrato la storia ferrarese, è rappresentato soprattutto dal Fondo Notarile Antico presso l’Archivio di Stato: qui, meritatamente, il 16 dicembre 2008, gli è stata intitolata la Sala di studio. Purtroppo l’anniversario arriva in un momento – che si prevede di lunga durata – di indisponibilità di gran parte della documentazione antica ivi custodita e mentre lo stesso edificio storico, prospiciente su corso della Giovecca, presenta rughe vistose della sua vetustà e, più recenti, gravi ferite del terremoto. Ciò non impedisce che, per una celebrazione non oleografica, l’Archivio rimanga un punto di riferimento, ideale e operativo, e che, proprio dalla circostanza commemorativa, possano derivare interesse e propositi per questa istituzione, imprescindibile per ogni ricerca di storia ferrarese.

Personalmente non posso non lasciarmi coinvolgere da significative convergenze di tematiche di studio (pochi scampoli nell’enorme tessuto suo storiografico) e – alla fine della sua vita – da profondi e sentiti contatti umani e cristiani, fino a quell’estremo e ultimo saluto e definitiva preghiera: “Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l’anima mia”, due ore prima del suo trapasso nel pomeriggio del 22 dicembre 2005. Il clima era ormai quello natalizio: per il Maestro, il vero Natale. Tra le opere presenti nella quattrocentesca Biblioteca del capitolo – come ci ha appreso il maestro Franceschini – figuravano i Discorsi di S. Leone Magno con il suo perenne magistero: “Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita”; espressione che, più incisiva, risuona nell’originale forma latina: Neque enim locum fas est ibi esse tristitiae ubi natalis est vitae.

Don Enrico Peverada

Pubblicato sull’edizione del settimanale “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 gennaio 2020

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