Massimo Faggioli, esperto di cattolicesimo USA, a “La Voce”: «Prevost cattolico sociale non liberal»
di Andrea Musacci
Ferrarese d’origine, Massimo Faggioli è storico delle religioni e docente negli Stati Uniti alla Villanova University (Philadelphia, Pennsylvania), dove Papa Leone XIV si è laureato. Lo abbiamo contattato per chiedergli di analizzare con noi questa novità storica e inaspettata di un papa stars&stripes.
Faggioli, il nuovo Papa viene dalle Americhe come Francesco, ma non si può dire venga «dalla fine del mondo»…
«Sì, è un po’ diverso, è un papa delle Americhe, non solo dell’America latina, ma anche dell’America del nord: è quindi molto meno “fine del mondo” rispetto a Francesco. Nato a Chicago, una delle capitali del cattolicesimo USA, Leone XIV è stato missionario in un Paese povero come il Perù ma qui il venire “dall’altro mondo” si deve applicare in modo diverso rispetto a Bergoglio…
Papa Francesco, inoltre, proveniva dall’Argentina, Paese molto particolare in America latina in quanto a stragrande maggioranza bianca, a differenza del Perù – dove ha vissuto Prevost – e della sua Chicago, capitale nera degli States».
Che tipo di cattolico statunitense è Prevost?
«È un cattolico sociale ma non liberal, formatosi alla scuola di Leone XIII. È poi interessante il suo essere agostiniano e non un gesuita, quindi sulla modernità ha una visione più pessimista rispetto a un gesuita.Oltre, naturalmente, alla grande novità di essere il primo papa degli USA: ciò avrà effetti sia sul Vaticano sia sul cattolicesimo statunitense. Ma ci vorrà tempo per capire come la Chiesa USA si relazionerà col primo papa USA».
E rispetto all’attuale Amministrazione statunitense?
«Negli States viviamo in un tempo particolare: il trumpismo rappresenta un modo di appropriarsi della religione e il Conclave ha anche voluto, quindi, mandare un segnale sul fatto che esiste una voce alternativa al trumpismo. Lo stesso vicepresidente Vance si è definito “figlio di Sant’Agostino” ma è evidente che il suo e quello di Prevost sono due agostinismi tra loro diversi».
Qual è l’atmosfera oggi alla Villanova University? Che ricordi si hanno di Prevost?
«Io non ho avuto modo di conoscere personalmente Prevost, ma qui alla Villanova lo conoscono bene, era molto noto anche prima di diventare cardinale».
Come gli anni alla Villanova hanno influito sulla sua personalità?
«Gli agostiniani hanno il carisma della comunità: per loro è molto importante la vita di comunità, la formazione comunitaria. Qui di Prevost ne parlavano come membro di una comunità, come uno che ha vissuto da monaco agostiniano in modo più tranquillo, meno conflittuale di come Bergoglio visse nel mondo gesuita: infatti, il rapporto di quest’ultimo con la sua comunità è stata più accidentata rispetto a quella di Prevost negli agostiniani, dove non ha mai avuto un rapporto traumatico».
Qual è la situazione del cattolicesimo negli USA?
«I cattolici negli Stati Uniti purtroppo sono più o meno spaccati in due, seguendo i due grandi partiti – Democratico e Repubblicano.Questo papa è quindi chiamato più di altri a rispondere su questa profonda frattura, che Trump ha accentuato ma che nasce 30 anni fa e nel tempo si è aggravata. Ciò ha conseguenze sulla vita di ogni cattolico, come la scelta della scuola per i figli e della parrocchia dove andare. È un’esperienza che un cattolico europeo difficilmente può capire…».
L’elezione di un Papa USA accentuerà o meno queste fratture tra i cattolici statunitensi?
«Difficile dirlo.Sicuramente Prevost conosce molto bene la Chiesa americana, a differenza di com’era per Bergoglio. Prevost non ha bisogno di “traduttori” o mediatori per capire cosa succede nella Chiesa statunitense. È un altro tipo di rapporto. Qualcosa di inedito, tutto da studiare».
Quali novità Papa Prevost potrà portare alla Chiesa universale ?
«È un agostiniano e viene dopo un gesuita: ciò riequilibrerà determinati aspetti. È un prete missionario della Chiesa globale e questo permetterà di continuare certe traiettorie del papato di Francesco. Su altre questioni, eticamente sensibili, è difficile dire come si comporterà, forse qualche spostamento e differenza di accento rispetto a Francesco ci sarà. Ma bisognerà vedere, aspettare. In ogni caso, non credo ci sarà un “Francesco 2”. Sarà qualcosa di diverso».
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 maggio 2025
(Foto Ansa/SIR)