Guidò la Diocesi ferrarese dal 1590 al 1611, da sapiente traghettatore di una nuova epoca. Lara Scanu, autrice del volume “Rivoluzione Fontana”, appena edito, ci racconta questa interessante figura. Il libro sarà presentato il 5 giugno (ore 17) in Arcivescovado
di Lara Scanu
L’identità visiva e culturale di Ferrara, tra la fine del ducato estense e l’inizio dell’età legatizia, viene delineata da una personalità unica, quella di Giovanni Fontana. Il vescovo (1590-1611), originario di Vignola, studente universitario a Bologna e strettissimo collaboratore di Carlo Borromeo nella Diocesi di Milano, è una figura-cardine, quella del sapiente traghettatore verso una nuova epoca, dove le tradizioni della corte e le normative del Concilio di Trento plasmano un novello nucleo periferico della Sede Apostolica.
Grazie alla sua azione pastorale e letteraria, che si svolge in un periodo cruciale per la città di Ferrara – tra Devoluzione (1598) e Giubileo (1600) – l’architettura e le arti acquisiscono nuovo vigore e conferiscono un nuovo volto al tessuto urbano, con una grande attenzione al rispetto delle regole e dei simboli.
La sua azione normativa e dispositiva, duratura e rispettata fino agli albori del XVIII secolo, è quindi ancora riscontrabile nel tessuto cittadino e, soprattutto, nei beni culturali presenti sul territorio. Fondamentali, in tal senso, sono alcuni suoi scritti, in particolare le Ordinazioni generali, un breve volume stampato nel 1591, unicum nel panorama delle testimonianze di ricostruzione e riallestimento del patrimonio chiesastico e delle istituzioni pie e religiose ferraresi dopo il sisma del 1570. Con questo testo, redatto in lingua volgare, il vescovo Giovanni Fontana intende unire le necessità ricostruttive con l’impostazione controriformista e borromaica, al fine di avvicinare con semplicità e completezza il fedele al messaggio religioso, accolto in un ambiente realizzato secondo regole precise.
Un presule come Fontana si pone, di fatto, tra i fondatori – o per meglio dire rifondatori – della Diocesi ferrarese, impegnato a dare delle fondamenta a quei cittadini che, da sudditi di un duca, si trovavano ad essere sottoposti all’autorità pontificia e a vedere, al posto delle insegne estensi, unicamente quelle vescovili e pontificie a rappresentarli. È anche per questo che Giovanni Fontana, prendendo in mano la situazione del territorio ferrarese così tormentato da incertezze ed inquietudini, decise di restituire alla città un importante oggetto di culto proveniente da Roma, un frammento della testa del patrono san Giorgio, estratto dalla reliquia della basilica del Velabro e condotto trionfalmente in città al termine del pellegrinaggio giubilare nella capitale pontificia.
Oltre a questo, pensò anche di costruire una nuova e più recente devozione, quella verso il suo amatissimo maestro meneghino Carlo Borromeo, che avrà una prima, grande diffusione fuori dalla Lombardia proprio in territorio estense grazie al vescovo suo allievo e collaboratore, soprattutto grazie all’arrivo a Ferrara di reliquie del pastore ambrosiano e alla circolazione di numerosi ritratti del cardinale, canonizzato nel 1610 e per la cui causa venne chiamato proprio Giovanni Fontana a testimoniare.
Sempre in questo contesto si impegnò anche a rinvigorire e normalizzare culti già esistenti sul territorio, rafforzando l’immagine dei luoghi che ne conservano la memoria, come nel caso di S. Maria in Vado e della sua devozione mariana, più che legata al Miracolo Eucaristico, del quale comunque rinforza l’importanza e rinsalda il legame con il tessuto urbano.
Il volume “Rivoluzione Fontana. Ritratto di un episcopato” (Ferrariae Decus. Studi e Ricerche, 37,Faust edizioni, giugno 2025) intende, quindi, restituire un ritratto a tutto tondo di Giovanni Fontana, sia come pastore della comunità ferrarese sia come normatore post tridentino, attraverso la definizione del contesto storico-culturale – riservata alla prima parte del libro e dove trovano spazio anche nuove riflessioni attributive, com’è il caso del San Carlo Borromeo del Seminario dell’Annunciazione di Ferrara – e le edizioni critiche dei suoi scritti su arte, architettura e suppellettili liturgiche. In questo contesto, oltre a far riferimento a tutti i testi della tradizione letteraria da cui il presule ferrarese ha potuto trarre informazioni, vi sono i rimandi ai manufatti e alle opere d’arte ancora presenti sul territorio che restituiscono gli oggetti di culto o ne delineano l’aspetto originario.
Il testo, corredato di un ricco apparato iconografico, è integrato da un’appendice documentaria e da trascrizioni di cronache manoscritte per incrementare la visione complessiva dell’azione del vescovo e del suo intervento sulle vicende storico-artistiche e architettoniche sul territorio. Il libro, realizzato con il sostegno di Ferrariae Decus ETS d’intesa con l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, il Capitolo della Cattedrale di Ferrara e il Seminario dell’Annunciazione di Ferrara, ha ottenuto il patrocinio dell’Opera Romana Pellegrinaggi, della Fondazione Estense, della Fondazione Vignola e di Insula Felix ETS ed è stato realizzato soprattutto grazie allo spoglio dell’ingente materiale documentario presente negli Archivi Storico Diocesano di Ferrara, del Capitolo della Cattedrale di Ferrara e del Seminario.
La presentazione del volume si terrà giovedì 5 giugno alle ore 17 presso la Sala del Sinodo del Palazzo Arcivescovile di Ferrara e vedrà, tra i relatori, la professoressa Maria Cristina Terzaghi, docente ordinaria dell’Università degli Studi Roma Tre.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 giugno 2025