Abbiamo intervistato il nostro missionario: «il 27 giugno celebrerò la Messa con Papa Leone XIV. La missione mi ha fatto uscire dalle mie sicurezze»
Quando è iniziato e quando terminerà il tuo periodo a Ferrara?
«Sono arrivato la notte del 28 maggio e ripartirò nella mattina del 2 luglio. Questa volta la mia permanenza si è prolungata per più di un mese. Un buon tempo».
Quali incontri hai fatto e farai in queste settimane in Diocesi?
«I primi sono stati con la mia famiglia, poi con i sacerdoti alla Tre giorni del clero e con l’Arcivescovo, con il quale ho avuto anche un colloquio personale. Dopodiché con le comunità parrocchiali del Gesù, del Perpetuo Soccorso che festeggia i suoi 100 anni di fondazione, con l’Unità pastorale Sant’Agostino-Corpus Domini, con Masi San Giacomo e Malborghetto di Boara. E ancora mancano le parrocchie di Rero e Tresigallo dove sarò la mattina della domenica 29 di giugno; lo stesso giorno nel pomeriggio celebreremo la Messa con la comunità latino-americana nel Santuario del Poggetto. Mentre le comunità religiose finora visitate sono quelle delle Suore della Carità e delle Carmelitane Scalze; mancano ancora le Benedettine e le Clarisse. Mi sono riservato poi il pellegrinaggio a San Pietro in Roma, in occasione del Giubileo dei sacerdoti, il giorno del Sacro Cuore, nel quale concelebrerò la Messa con il Papa Leone XIV».
Come le persone che stai incontrando qui nella nostra Diocesi percepiscono i tuoi racconti della missione?
«Prima di tutto con stupore, soprattutto riguardo le dimensioni del territorio a me affidato e i tanti chilometri da percorrere. Poi con interesse soprattutto riguardo l’impegno missionario dei laici, che reggono le comunità delle cappelle sia dal punto di vista pastorale che amministrativo senza la presenza costante del sacerdote. Sorprende anche il continuo uscire per le strade, passare per le porte delle case con l’immagine di Maria e animare cenacoli domestici di preghiera; questo lo fanno persone adulte, giovani, adolescenti e bambini, che fin da piccoli imparano che la Chiesa è missionaria per sua natura: trovarsi in parrocchia o in comunità e uscire a evangelizzare sono le due facce della stessa medaglia».
E come invece le persone che hai conosciuto in Argentina hanno accolto la tua presenza come missionario?
«Devo dire che gli adulti erano già abituati al missionario anche perché nella parrocchia più grande, Villa Paranacito, c’erano stati missionari italiani della Consolata per molti anni e questo ha reso più facili le cose. Piccola curiosità, è un missionario della Consolata, Padre Giovanni Dutto che mi ha accompagnato nel discernimento vocazionale missionario fin dai tempi del Seminario. Poi certo, non è mancato da parte loro l’abituarsi ai miei modi da straniero, il superare gli ostacoli delle differenze culturali. Però la loro indole aperta all’accoglienza e l’eredità della storia di queste terre, con l’arrivo nei secoli passati di tanti immigrati – che, pur provenienti da diverse nazioni, hanno saputo costruire insieme una nuova società – ha fatto sì che i loro cuori mi accogliessero tanto da sentirmi uno di loro. Questo ha mosso in me un interrogativo: siamo altrettanto aperti nelle nostre comunità parrocchiali all’accoglienza di un sacerdote non italiano? Che esperienza vivono nel loro cuore i sacerdoti stranieri in servizio nella nostra Diocesi? Io devo dire che mi sento un privilegiato».
(Intervista a cura di Andrea Musacci)
(28^ testimonianza – Rubrica mensile “Un ferrarese in Argentina”)
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 27 giugno 2025
(Foto: 10 giugno 2025: Messa concelebrata a Sant’Agostino con don Zecchin in occasione del suo 30° di sacerdozio e del 30° di diaconato di don Zappaterra)