L’addio al sacerdote tanto amato dalla sua Vigarano: il commosso ricordo di un parrocchiano e le parole del Vescovo per le esequie

Le esequie di don Raffaele Benini, tornato al Padre lo scorso 12 luglio all’età di 81 anni, sono state celebrate oggi, martedì 15 luglio, alle ore 10, nella chiesa di Vigarano Pieve.

Pubblichiamo il ricordo di un suo parrocchiano e l’omelia del nostro Arcivescovo.

 

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di Enrico Campagnoli

«Signore quanto vorrei che la mia morte mi trovasse vivo».
Ti ho conosciuto, don Raffaele, ormai più di 40 anni fa, il primo giorno in cui, come neo direttorino della locale banca, i colleghi mi preannunciarono che mi saresti venuto a trovare nella stessa mattinata.
«Bene – dissi – così benedirà la filiale». E invece appena arrivato che hai fatto? Una bella barzelletta, una delle tante che nella tua vita ci hai raccontato.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, il giorno dopo quando già mi invitasti a visitare la tua amata e bellissima chiesa. Non ti saresti mai stancato di raccontarmi le meraviglie della tua casa: dal Bastianino dietro l’altare, ai 4 Evangelisti posizionati ai 4 punti cardinali, dalla cripta della Vergine del Sacro Rosario al tuo campanile a dominare il paese.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, il giorno dopo ancora quando mi sono seduto a pranzo nella tua canonica, a fianco dei tuoi amatissimi genitori che sempre ti hanno accompagnato nella tua vita e che ora si uniscono a te in un eterno abbraccio.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, quando mi hai di nuovo dato il benvenuto appena sono venuto ad abitare qui a Vigarano ben felice di reincontrare, permettimi di dire, un caro amico.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, una settimana dopo, all’indomani del terribile terremoto a piangere i lutti per le vittime e a mostrarmi le ferite subite dalla tua chiesa, con i calcinacci e le crepe nei muri e la cuspide del tuo campanile desolatamente frantumata nell’adiacente corte, quasi a decretarne un triste epilogo.
Ti ho conosciuto. don Raffaele, quando, con il tuo grande amico, fraterno amico don Rosario che ti ha preceduto alcuni anni fa con tuo immenso dolore, sono riuscito a trascinarti ad una delle prime partite della Spal in serie A. Seduto, alla fine del primo tempo sugli spalti della tribuna, mi guardasti e, con il tuo tipico intercalare, mi dicesti: «Ben ben cosa am toca far a stantacinq ann: par la prima volta a vedar na partida…».
Ti ho conosciuto, don Raffaele, quando, qualche giorno prima della riapertura della tua chiesa, post lunga e costosa restaurazione,  mi hai voluto mostrare orgoglioso come fosse rinata e fosse pronta a riabbracciare tutti i tuoi parrocchiani.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, quando tutti insieme abbiamo festeggiato i tuoi 80 anni. Iniziavi ad essere affaticato, provato, ma la tua serenità ed allegria non ti aveva ne’ avrebbe mai abbandonato.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, qualche giorno fa. Ti sono venuto a salutare all’Ado: facevi fatica a tener aperti gli occhi ma, appena mi hai sentito, gli hai aperti e con quel filo di voce che ti rimaneva tu mi hai sussurrato: «Come stai?».
Allora mi sono avvicinato e ti ho voluto rammentare che in un’omelia di un primo dell’anno ci hai voluto lasciare un grande insegnamento: «Ciò che bisogna augurare al tuo prossimo, a chi ti è a fianco, è la serenità nell’affrontare quanto il domani ci proporrà e riserverà. Perché avverso alle disgrazie e malattie poco possiamo fare mentre sta in noi affrontarle con serenità: questa è la forza che deve sorreggere. Solo questo!». Ecco dunque la serenità, quella che mai ti ha abbandonato, neppure negli ultimi momenti di tanta sofferenza. Davvero un grande esempio, davvero un tuo ultimo grande insegnamento.
Ti ho conosciuto, don Raffaele, quando poi ti ho salutato al termine della mia visita, ben sapendo che difficilmente ti avrei potuto rivedere: mi hai detto che eri stanco, a tutti dicevi che eri stanco, quasi tu volessi chiedere perché di tanta sofferenza, perché di tanta lunga agonia ma io ti ho detto che c’era un motivo di tutto questo: anche in quei momenti lui stava continuando a dispensare del bene alle tante persone che nella preghiera e nel ricordo si univano al suo dolore. Mi hai abbozzato, per quanto ti fosse ancora possibile, un sorriso e mi hai sussurrato “grazie” chiudendo gli occhi.
Questo era don Raffaele, questo era il nostro Parroco, il nostro Pastore che per tanti anni ci ha accompagnato e per sempre lo farà nel futuro di ciascuno di noi.
Ti saluto, Don, con lo stesso salmo con cui ho iniziato, un salmo da te citato, a te tanto caro e che credo ti abbia calzato a meraviglia supportandoti anche nelle tue ultime ore: «Signore quanto vorrei che la mia morte mi trovasse vivo». Grazie di tutto Don Raff, grazie davvero per tutto.

(Testo letto durante la veglia di preghiera per don Raffaele Benini tenutasi la sera del 14 luglio nella chiesa di Vigarano Pieve e a scritto a nome della comunità parrocchiale di Vigarano)

 

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Un prete simpatico, fedele, curioso e creativo

Esequie don Raffaele Benini (Vigarano Pieve, 15 luglio 2025)

S.E. Mons. Gian Carlo Perego

Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

 

Letture:

Rom 5,5-11

Salmo 142

Luca 12,35-40

 

Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, siamo in tanti oggi a salutare, con il dolore e nella preghiera, don Raffaele in questa chiesa e comunità di Vigarano Pieve nella quale, in particolare, ha dato la sua vita per regalare il Vangelo della gioia, prima come vicario dal 1975 al 1982, poi come Arciprete dal 1982 al 2019 e infine come collaboratore dal 2019 ad oggi. Un particolare segno della nostra vicinanza va ai familiari presenti.

Per don Raffaele sono passati 50 anni di sacerdozio tra voi, da un Giubileo all’altro: una vita di incontri, di gioie e di sofferenze, una vita donata al Signore e ai fratelli e alle sorelle a lui affidati. Una presenza che, per sua volontà, continuerà nel cimitero di Vigarano, dove ha chiesto di essere sepolto.

Ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio. La pagina della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato è quella scelta dal compianto Papa Francesco per accompagnarci in questo anno giubilare, anno in cui Papa Francesco come don Raffaele ha raggiunto la casa del Padre. L’ho scelta anche per accompagnare oggi don Raffaele, ma anche come l’ultima parola di Don Raffaele. E’ una pagina che parla di speranza, non anzitutto come virtù umana, ma come un dono di Dio, che nasce dal suo amore riversato nei nostri cuori. Una speranza fondata sul dono anche della vita del figlio di Dio, sulla Croce. Una speranza che proprio perché dono del Padre e del Figlio diventa virtù, perché ci riconcilia, genera pace, giustizia, carità.

Don Raffaele è stato un uomo della speranza, perché in ogni occasione – l’ultima è stata la malattia – non ha mai perso la fiducia in Dio e negli altri. Una speranza che ha saputo leggere ‘i segni dei tempi’, così da rinnovare anzitutto la propria fede, ma anche le parole, i gesti, lo stile dell’annuncio evangelico, rendendoli sempre “segni di speranza”. Senza speranza, cari fratelli e sorelle, rischiamo di essere travolti dagli avvenimenti. Con la speranza il tempo diventa uno spazio importante per costruire il nostro cammino di fede. La speranza, poi, diventa anche la virtù che ci aiuta ad guardare oltre il tempo, per non affannarci, chiuderci, ma per preparare con le cose, gli incontri della vita l’incontro finale della vita eterna: “la vera vita, tutta piena di te”, o Signore, scriveva nelle Confessioni S. Agostino.

«Cosa caratterizzerà dunque tale pienezza di comunione?», si è domandato Papa Francesco nella bolla del Giubileo. E ha risposto: «L’essere felici. La felicità è la vocazione dell’essere umano, un traguardo che riguarda tutti. Ma cos’è la felicità – continuava a domandarsi Papa Francesco – Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio., ma sempre più vuoto» (n.21). La felicità in cui spera il cristiano è esistere per sempre nell’amore di Dio Creatore e Padre. E il «giudizio di Dio, che è amore, non potrà che basarsi sull’amore, in special modo su quanto lo avremo o meno praticato nei riguardi dei più bisognosi, nei quali Cristo, il Giudice stesso, è presente. Si tratta, pertanto – chiudeva papa Francesco – di un giudizio diverso da quello degli uomini e dei tribunali terreni» (n.22).

Don Raffaele oggi è felice, perché la sua vita è stata un dono per gli altri, è stata vicinanza ai poveri e, soprattutto ai malati, attenzione ai lontani. Il suo impegno per diversi anni nell’Unitalsi, accompagnando i malati soprattutto ai piedi di Maria alla grotta di Lourdes, è stato un segno concreto di questa vicinanza a chi era malato e ai loro familiari unito alle visite ai malati in parrocchia che ha caratterizzato il suo ministero presbiterale fino alla fine: un segno dei tempi trasformato in segno di speranza.

Se la fine è un incontro con Dio amore, dobbiamo allora prepararci a questo incontro, come ci ha ricordato la pagina evangelica di Luca: “tenetevi pronti”, è l’invito evangelico. Non è una minaccia, ma un invito a saper valutare ogni cosa, ogni gesto della nostra vita cristiana alla luce del comandamento dell’amore. E’ la consapevolezza di vivere la vita come un cammino che ha una fine nell’incontro con il Signore. Don Raffaele si è preparato da tempo a questo incontro con il Signore, con una vita di simpatica dedizione agli altri, di cura delle persone, ma anche dei beni a lui affidati, soprattutto di questa chiesa, per il restauro della quale dopo il terremoto ha messo anche i risparmi personali.

Quando visitai tutti i preti nel primo anno pastorale del mio episcopato, nel 2017-2018, m’incontrai anche con don Raffaele. Mi fece vedere tutto e, alla sua scrivania, con un certo compiacimento, aprì anche una cartella con tutti i documenti preparati per il suo funerale, che aveva già predisposto e pagato. Al momento sorrisi. Oggi capisco che da tempo don Raffaele si era preparato – come ha ricordato il Vangelo – all’incontro con il Signore, che aveva servito per tutta la vita e per tutto il tempo del ministero presbiterale, iniziato il giorno di Pentecoste del 1969.

Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, ringraziamo il Signore per il dono di un presbitero come don Raffaele, che lascia un vuoto che chiediamo al Signore di colmare con nuove vocazioni alla vita presbiterale, come Lui stesso auspica nel suo testamento. Grazie don Raffaele per la tua testimonianza sacerdotale, simpatica, fedele, curiosa e creativa. Sono certo che Dio Padre, in compagnia con la Madre Maria, che tanto hai amato – fino all’ultimo la corona del rosario ti ha accompagnato – ti spalancheranno le porte di casa e potrai essere felice, per sempre.

Così sia.

 

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Foto grande in alto: don Benini assieme all’Arcivescovo e al Vicario Generale nel 2019 in occasione della festa per il suo 50° di ordinazione sacerdotale.

Foto sotto: un momento delle esequie.

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