È necessario passare ai laici la gestione materiale delle comunità e fidarsi del Ministero missionario laicale: in Italia siamo ancora indietro, qui in Argentina è la norma…
(27^ testimonianza – Rubrica mensile “Un ferrarese in Argentina”)
di don Emanuele Zappaterra
Sono già passati tre anni da quando sono partito da Ferrara per raggiungere la Diocesi di Gualeguaychú in Argentina; tre anni che sono trascorsi con una velocità impressionante e questo stride con la lentezza dei ritmi della vita nelle nostre isole dell’Ibicuy. Sto preparando la valigia per ritornare in Italia per un periodo di restituzione di quanto vissuto, incontrandomi con l’Arcivescovo, il clero e le varie comunità parrocchiali o gruppi ecclesiali, che vorranno invitarmi.
Non è facile lasciare la mia gente proprio quando siamo nel pieno della vita pastorale, ormai con l’inverno alle porte. Quindi ci si organizza con i Consigli pastorali, con i gruppi dei catechisti e si individuano le figure di appoggio per le varie comunità, per delegare loro l’accompagnamento delle cappelle e delle parrocchie. Se a Villa Paranacito posso contare sulla presenza del diacono Juan Pablo (del quale stiamo aspettando la data dell’ordinazione presbiterale), per Ceibas invece è stato necessario chiedere al Vescovo l’invio di qualcuno che potesse sostituirmi; è così che è stata inviata una missionaria laica, un medico in pensione, Anita, che con i suoi 58 anni si trova nella fase diocesana della sua formazione per raggiungere l’Amazzonia del Perù come missionaria fidei donum.
Probabilmente chi sta leggendo si domanderà come una laica possa reggere una parrocchia e le sue diverse comunità sparse sul territorio, visto che non è sacerdote e nemmeno una consacrata. Certo che può, perché è ha ricevuto il battesimo e il dono dello Spirito Santo nella cresima, perché esercita il sacerdozio battesimale ed è espressione di questa Chiesa diocesana, è volto della Chiesa universale che si fa missionaria, come ci ricordava Papa Leone XIV nell’incontro con le Pontificie Opere Missionarie.
Giusto questo sabato 24, mentre a Ceibas si festeggiava Santa Giovanna Antida, fondatrice delle Suore della Carità, nella Santa Messa ho istituito Anita Ministro straordinario della Comunione e le ho dato l’invio missionario a nome del Vescovo Héctor, così ufficialmente sarà presentata alla comunità e in essa riconosceranno la presenza della Chiesa diocesana, che accompagna i suoi figli e non li lascia soli, solo perché non ha preti da inviare.
Prima che io partissi per l’Argentina, nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio era iniziata la costituzione delle Unità Pastorali; mi ricordo molto bene che una delle preoccupazioni era come distribuire il clero, perché potesse servire questa nuova realtà territoriale composta da più parrocchie. Il rischio che si corre molte volte è che la distribuzione dei pastori sia fatta, più o meno, in modo che dividendosi i compiti, riescano a tenere la gestione nelle loro mani. Se a Ferrara-Comacchio ci si è riusciti (tra poco lo saprò) probabilmente è perché il numero dei sacerdoti e dei diaconi è ancora alto rispetto a molte altre realtà diocesane nel mondo. Ma se dovesse diminuire (cosa plausibile) incominceremo a far saltare i preti e diaconi da un punto all’altro della Diocesi, perché continuino a tenere tutto nelle loro mani? E i laici?
Quanti laici potrebbero vivere in una canonica, occuparsi della gestione parrocchiale, condurre gruppi ecclesiali territoriali, celebrare la liturgia della Parola, condurre i momenti di preghiera, accompagnare il lutto? Conosco il Codice di Diritto Canonico e quello che dice rispetto i tria munera del sacramento dell’Ordine, sono ben consapevole di alcune resistenze ancora radicate in alcuni, che vogliono il sacerdote a tutti i costi (e magari non si vedono mai in chiesa). Lo so. Ma se si pensa che questo sia impossibile, devo smentire questa idea, perché qui accade. Il laico fa anche l’orazione funebre, asperge il feretro nella camera ardente, mentre si sta facendo la veglia al defunto e un gruppo di donne accompagna con la preghiera del Rosario e quando è possibile, accompagna anche alla sepoltura; nessuno rimane senza la preghiera e la benedizione, solo perché non c’è il Ministro ordinato.
Comunità accompagnate da laici permettono al sacerdote e al diacono di esercitare pienamente il Ministero della Parola e dei sacramenti, girando per tutte le chiese e le cappelle o le case di riposo e gli ospedali. Ad alcuni sacerdoti potrà sembrare che organizzare le Unità Pastorali in questo modo sia come perdere potere; ma l’unico potere del sacerdote è servire e per questo è necessario passare ad altri la gestione materiale delle cose e fidarsi del Ministero missionario laicale, che apre il cammino all’azione pastorale del sacerdote e diacono.
Se non ci convertiamo a questa prospettiva pastorale del Popolo di Dio, rischiamo presto di avere sacerdoti esausti, comunità spente e laici che riducono il loro apostolato a piccoli servizi manuali. Col rischio di ritrovarci comunità chiuse e prive di profezia. Quanto abbiamo invertito nella formazione dei laici, perché siano leader di comunità, perché siano evangelizzatori a pieno campo (e non a rimorchio), perché sappiano vivere la loro vocazione missionaria?
Se fosse così, probabilmente non ci darebbe problema se cala il numero dei sacerdoti, anzi… alcuni di loro potrebbero partire per la missione ad gentes.
Se Dio vuole, ci vediamo presto. Buona Festa dell’Ascensione.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 30 maggio 2025
(Foto: “Anita” María Ana Rubín, missionaria – al centro, tra altre due missionarie in formazione)