Il card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme, la sera del 23 giugno è intervenuto in collegamento streaming con la Veglia di preghiera a S. Maria in Vado. Oltre 500 i presenti. Un aneddoto molto significativo che ha raccontato riguarda la verdura per i poveri di Gaza distribuita dai cristiani, venduta da musulmani, conservata nei frigo dati gratis da ebrei. Un esempio di rete di pace

Oltre 500 persone la sera del 23 giugno hanno partecipato alla Veglia di preghiera per la Terra Santa nella Basilica ferrarese di Santa Maria in Vado, organizzata dalle associazioni laicali della nostra Diocesi. Presente anche il nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, che ha portato un breve saluto. Durante la serata sono stati raccolti 4.000 euro che tramite il nostro Arcivescovo verranno destinati alle persone più bisognose del Patriarcato di Gerusalemme.

E proprio da Gerusalemme è intervenuto in collegamento streaming il Patriarca card. Pierbattista Pizzaballa. «Dal 7 ottobre 2023 siamo entrati in una spirale di violenza non ancora conclusa. Purtroppo – ha aggiunto – stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato in questi anni. Un odio profondo, lacerante, un abisso tra israeliani e palestinesi che cresce sempre di più, ma che è nato ben prima del 7 ottobre». È stato coltivato prima: «soprattutto nel linguaggio carico d’odio, un linguaggio che deumanizza l’altro. E dal 7 ottobre noi leaders religiosi – ebrei, cristiani e musulmani – non riusciamo più a incontrarci, a fidarci l’uno degli altri. La diversità delle lingue, culture e religioni in sé non è necessariamente negativa, ma può essere un bel segno di pluralità, di diversità nell’unità. Oggi invece – ha proseguito il card. Pizzaballa – qui domina un pensiero esclusivo».

E poi vi è il «decadimento della politica, la guerra che continua, ora contro l’Iran, che crea altre fratture un clima di grande paura, incertezza e soprattutto di grande sfiducia. Siamo nell’Anno della speranza ma per noi qui è difficile dare concretezza a questa parola». Come non vi è «nessuna strategia di uscita dalla guerra di Gaza, non si capisce qual è la prospettiva politica, come sarà il dopo guerra. Si creano morti, rancori e sfiducia soprattutto tra i giovani».

Il card. Pizzaballa ha però provato a dare un volto, anzi più volti alla speranza. «Nel nostro territorio – ha detto – si incontrano ancora tante persone – ebrei, cristiani, musulmani, israeliani e palestinesi – che sanno pensare ancora in maniera diversa, inclusiva, che sanno che il futuro o è insieme o non è». A Gaza, ha poi aggiunto, sono rimasti 541 cristiani. Erano 1017 prima della guerra post 7 ottobre. Molti sono stati uccisi o sono scappati. «E nonostante siamo stati previdenti, il cibo inizia a scarseggiare anche per noi. Ma ci sentiamo privilegiati, fuori è molto peggio. Abbiamo un pozzo con acqua sporca, ma appena fatta bollire si può usare. In molti, invece, a Gaza l’acqua non ce l’hanno».

“Diluvio di Al-Aqsa” è il nome dato da Hamas al terribile massacro del 7 ottobre 2023. Il card. Pizzaballa come primo segno di speranza ha raccontato le parole di una ragazza che ha detto: «noi possiamo essere l’arca di Noé nel “Diluvio di Al-Aqsa”». «Mi ha molto colpito…», ha commentato il cardinale.

E ancora: «prima dell’inizio della guerra il cibo arrivava in parrocchia e poi i parrocchiani preparavano i pacchi per le famiglie» (circa 1 migliaio). «Oggi invece non sappiamo come poter creare comunità. Ad esempio – ha raccontato – noi cristiani compriamo dai musulmani la verdura, che la vendono a un prezzo molto basso, senza lucro, appena sanno che è destinata a Gaza. E i frigo per questa verdura ce li danno alcuni ebrei religiosi: anche loro quando sanno che è per Gaza, non ce li fanno pagare. Sono piccoli segni ma che ci dicono che se coinvolgi le persone, queste si lasciano coinvolgere».

«Oggi quindi – si è avviato a concludere – come comunità cristiana dobbiamo avere un ruolo profetico, coinvolgere le persone, farle partecipare, creare rete tra coloro che vogliono la pace. E abbiamo bisogno dello Spirito Santo per questo». «Forza e potere sembra determinare le scelte dei grandi, ma ciò distrugge solo, di ciò quindi non rimarrà niente», ha proseguito. «Ciò che rimarrà, invece, è ciò che costruiranno i miti di cuore. La terra verrà ereditata dai miti, che non fanno chiasso ma fanno crescere il Regno di Dio. La mitezza è l’unica vera arma che abbiamo».